martedì 5 maggio 2020
Calciofili, basta litigare – mi ha detto qualcuno – fate come i francesi che l’hanno chiusa lí la diatriba giocare/non giocare, hanno consegnato lo scudetto al Paris Saint–Germain e buonanotte. L’estate del 1967, seguendo il Tour durante il quale morì Tommy Simpson sul Mont Ventoux, ebbi l’occasione giusta per sapere cosa i francesi pensavano del calcio: nulla, raffinato agnosticismo, o il peggio possibile, ai limiti del razzismo. Mi stupii perché già sapevo che erano stati loro, proprio loro, a inventare il mio amatissimo calcio internazionale. I francesi, pur avendo inventato la Coppa Jules Rimet per Nazioni, il campionato d’Europa Henry Delaunay e la Coppa dei Campioni dell’Èquipe di Gabriel Hanot, non riuscivano mai a esserne protagonisti, preferendo largamente il rugby e il tennis. Venne il giorno dei primi successi calcistici dei nostri affabili cugini e subito qualcuno tentò il lancio di un quotidiano sportivo dedicato in particolare al pallone rotondo: fallí in un amen. Il tifo? Sostanzialmente beato. I club? Il più popolare, oggi, è il Paris St. Germain, fondato nel 1970 dalla federazione perché Parigi non aveva una squadra di vertice, diventato famoso con la presidenza dello stilista Daniel Hechter e di Jean–Paul Belmondo soprattutto per l’elegantissima divisa. Squadra vincente assai, il Psg perché posseduto dall’emiro del Qatar Nasser Al–Khelaifi che ha portato a Parigi i più grandi pedatori del mondo. Per finire, ricordo che nel 1998 Le Figaro accolse l’inaugurazione del Mondiale francese mutuando una sentenza di Raymond Aron, il conservatore compagno di scuola del comunista Sartre, intitolando l’editoriale: «Il calcio, oppio dei popoli». Questa parabola vi ho servito soprattutto per far presente che mentre il calcio francese è un giuoco elevato a cultura solo da premi Nobel come Sartre e Camus, da noi è anche vera cultura popolare. Se avesse avuto un consulente professionale, il ministro Spadafora non avrebbe mai proposto in Italia la soluzione francese: da noi il riconoscimento concesso al Psg fermando i giochi si chiama “scudetto di cartone” (così battezzai quello concesso all’Inter nel 2006 di Calciopoli) e non risulta che vi siano squadre disposte ad accettarlo. La Juventus prima in classifica come il Psg ha già detto no e sarebbe un’atroce beffa se venisse assegnato proprio a cent’anni dall’apparizione sulle maglie dei vincitori di quello scudetto tricolore inventato da Gabriele D’Annunzio. Se non bastasse, la storia parla piuttosto di campionati conclusi senza assegnazione del titolo e solo di recente Lazio, Genoa e Torino – spero inascoltati – han preso a piatire presunti scudetti negati per varie ragioni. Vorrei tanto che l’attuale malgestita querelle – giocare o non giocare –
qualunque sia il verdetto finale non aggiunga ridicolo al dramma che diventerebbe una pochade.
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