martedì 3 settembre 2019
Ho scoperto che il Sarrismo offensivo è pura chiacchiera quando dopo il 3-0 della Juve sul Napoli qualcuno ha affermato «si vede già la mano di Sarri». Una balla. Come se io - patito di difensivismo - volessi attribuire a Sarri lo 0-3 successivo. Per fortuna Koulibaly ha riportato tutto al calcio “mistero senza fine bello”, detto in omaggio a Gozzano ma soprattutto a Gianni Brera che l'ha travasato nel più banale linguaggio del pallone. Prudenza vorrebbe si evitassero sentenze in una fase di campionato del tutto anomala: si è appena chiusa la campagna acquisti/cessioni e neppure è completata la preparazione fisica dei giocatori (si vede dall'intensità del lavoro nerazzurro guidato da Conte a trasferte asiatiche già pericolosamente decise). Si può sbagliare, piuttosto, ideologicamente. Nulla di complicato. Se la Juventus spende in fretta una montagna di soldi per accaparrarsi De Ligt viene spontaneo immaginare una conferma dello spirito vincente bonipertiano pensando a “primo, non prenderle” aggiornato da Bearzot con «secondo, è obbligatorio vincere», così che, alla faccia degli “estetisti” già operosi (si chiamavano qualunquisti) la sua Italia esibì in Argentina e in Spagna il gioco più bello del mondo (di opposto parere Brera e Sacchi, per una volta d'accordo). E invece no - mi fa notare un lettore pignolo - la Juve ha acquistato il ragazzo dell'Ajax che l'ha sconfitta in Champions così come aveva deciso di far suo Ronaldo dopo quel gol tanto bello da suscitare un'ovazione allo Stadium. Nonostante significasse l'ennesima fine di un sogno. Può aver ragione, il mio critico, ma ho ancora speranza (per la mia tesi) che Sarri guarisca presto per completare l'educazione di De Ligt, una fase di lavoro già prevista con la panchina di Parma che aveva irritato il ragazzo; tant'è che l'improvvisa chiamata a sostituire Chiellini ne ha dimostrato gli ancora ovvi limiti. E dunque taccia, per favore. La superdifesa della Juventus si chiamava Buffon, Bonucci, Chiellini, Barzagli, è andata via via perdendo pezzi, si è disunita ma è rimasta in piedi con altri protagonisti spesso improvvisati grazie non solo al giocatore ma all'uomo Chiellini, uno che da quando Lippi lo ricostruì tatticamente è sempre stato anche l'allenatore in campo (e l'uomo l'abbiamo rivisto nell'abbraccio a Koulibaly, con un bel sorriso e la stampella da povero infortunato, non da battagliero Enrico Toti). Il poderoso difensore del Napoli, improvvisamente trasformato in un Niccolai sciagurato, ha altri problemi: non ha ancora capito, come tanti, cos'abbia in mente Ancelotti, un tempo il più pratico dei mister, l'equilibratore di gioco, e in mancanza di certezze si esibisce con un gol da contropiede eccellente e con un autogol spettacolare. Il resto lo vedremo meglio dopo la sosta azzurra, quando non si potrà più avanzare scuse. Al momento solo l'Inter ha deciso chi essere, ovvero la squadra/laboratorio di Antonio Conte. Pura energia. Alla faccia degli estetisti.
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