sabato 19 luglio 2014
Ieri ("Sette", p. 104, «Le parole forti del teologo combattente»): Diego Gabutti vuol raccontare la storia di «Hans Küng, teologo svizzero» presentandone l'ultimo volume uscito da noi. Esordio: «Svizzero, brillante, un'altissima opinione di sé, Hans Küng non è soltanto un teologo…». Lo supponevamo, ma in due colonnine Gabutti riassume il tutto scrivendo che quello «ne ha per tutti»: e, via via, ecco snocciolati uno sull'altro i bersagli del nuovo tempo, che sono «soprattutto gli amici» suoi del vecchio tempo: De Lubac, Von Balthasar, Rahner, ovviamente «l'antico compagno d'armi a Tubinga, Joseph Ratzinger» e anche «questo studente polacco», Karol Wojtyla. Loro sarebbero diventati «tiepidi» e sarebbero «scesi a compromessi». Che peccato! Ma ecco l'«altissima opinione»: lui no! Affascinato Gabutti, che dopo quasi 50 anni scopre «il teologo combattente» – come Farinata: «Dalla cintola in su!» – e scrive che lui «ha in mente una chiesa svizzera... senza bigottismi». Così poco? Tu pensi che – messi a parte orologi, cioccolato, e magari anche "guardie svizzere" – nel Credo da quasi duemila anni si invoca una Chiesa «universale»: altra cosa rispetto ai 26 Cantoni della Svizzera! E non serve il gioco dei "Quattro Cantoni".
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