sabato 15 maggio 2004
 Un vecchio conoscente incontrato per strada inizia a raccontare prolissamente degli anni Cinquanta. Si sta sulle spine, non si sopporta più quello che non è necessario e ci si affretta ad andarsene. Si può leggere la delusione negli occhi dell"uomo, ma si dice comunque: «Mi spiace, devo scappare!».Quante volte anche noi ci siamo trovati nella stessa situazione descritta dallo svedese Owe Wikström in apertura al suo bel libro La dolce indifferenza dell"attimo (Longanesi), un vero e proprio "elogio della lentezza", come dice il sottotitolo. Egli confessa: «Mi piace lavorare in modo rapido e portare avanti più progetti contemporaneamente. Ma nel frattempo vado alla ricerca di periodi di indolenza, di tipo "bighellonatorio". L"alternanza tra lavoro e riposo è della massima importanza». Non per nulla la Bibbia iscrive il sabato persino nella creazione, quasi architrave dell"armonia cosmica, e lo attribuisce per eccellenza a Dio: «Nel settimo giorno egli cessò da ogni suo lavoro, benedisse il settimo giorno e lo consacrò »(Genesi  2, 2-3).Ogni tanto si tenta di proporre la cancellazione del riposo domenicale allineandosi al ritmo di una società sempre più frenetica che ignora non solo la calma ma anche la riflessione. Di fronte al delirio del fare, dell"agitarsi, del parlare è necessario aprire, invece, l"oasi della quiete, della lentezza, della pacatezza. La smania che ci rode l"anima crea persone colpite da stress, insoddisfatte, incapaci di ascoltare la propria coscienza e gli altri. Pascal diceva che tutte le nostre disgrazie vengono dal non essere capaci di stare un po"  da soli in camera ogni giorno.
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