sabato 15 giugno 2019
Guai all'occhio che vede una sola cosa. Su “Repubblica” (12/6, p. 31: «Heidegger mi leggeva») Emanuele Severino giustamente orgoglioso dei rapporti col grande filosofo espone il suo pensiero essenziale che, letto e apprezzato da lui, per Severino stesso è l'unica «non follia» filosofica: «... il manifestarsi dell'eternità di tutte le cose, di tutti gli stati e gli istanti del mondo e nella nostra coscienza, è la risposta al nichilismo»! Tutto chiaro? La fama nota a Heidegger lo è fin dal titolo, ma non del tutto il contenuto della risposta. «Tutte le cose eterne»? Libertà di pensiero illustre, ma forse eccessiva sicurezza. E per caso ancora Heidegger in campo per Lella Costa (“Nazione”, “Carlino”, “Giorno”,13/6, p.19: «Basta lamentarsi, è ora di agire») che intervistata da Nicoletta Magnoni afferma che «ogni questione femminile riguarda l'umanità», e aggiunge la sua ammirazione per Edith Stein, discepola prediletta proprio di Heidegger. La sua «una brillante carriera universitaria... internata e uccisa ad Auschwitz, santificata». Bello e vero! Ma con un eccesso: donna, filosofa, ebrea di origine, ma anche cattolica, monaca carmelitana contemplativa, grande scrittrice di spiritualità, beata e santa. È sempre libertà – ma pur in buona fede – eccesso di omissis. Altro eccesso? Pesante su “Libero” (9/6, tutta p. 26) uno smisurato sfogo di Paolo Isotta che racconta come Roberto Herlitzka, a suo parere «il più colto degli attori italiani», con un percorso tutto filosofico nel corso dei secoli, da Socrate in pratica a oggi e traducendo da par suo il De Rerum Natura del grande Lucrezio mostra «che l'anima immortale non esiste, così stende Alighieri», distrugge san Paolo, liquidato come un incolto che «Platone non l'aveva mai sentito nominare», e svelerebbe perché «la Chiesa non ha mai condannato Lucrezio»: è sicuro che i cristiani non lo capiscono. Già, siamo noi gli ignoranti...
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