domenica 12 maggio 2019
Ci salverà la gentilezza? Accade che in un Comune del Nordest prossimo alle elezioni amministrative un candidato sindaco e la sua lista si presentino con questo motto, o per usare il linguaggio dell'advertising, con questo claim: «Finalmente la gentilezza ti viene incontro». Con o senza motto, la lista è giudicata dai più – sondaggisti, opinionisti, vox populi e perfino aruspici, che non ci tengono a fare figuracce – sicura perdente. Quindi potremmo serenamente ignorare quello che il quotidiano locale definisce «il candidato "gentile"» e che qualche avversario tignoso, lui sì in odor di vittoria, non mancherà di ribattezzare «buonista», con il consueto tono di sottile disprezzo. Gentile, ossia buonista, ossia ingenuo e tontolone. Un simpatico pesciolino Nemo nella vasca degli squali. Dovremmo perdere tempo con le sue sciocchezze?
In effetti, la parolina gentile-gentilezza apparterrebbe ad altri ambiti, a cominciare dal galateo, con effetti curiosi. Se "gentiluomo" in italiano fa sorridere, richiamando alla memoria un distinto signore in cravatta e cappello che fa il baciamano, "gentleman" in inglese è accettabile. La persona gentile sui mezzi pubblici cede il posto ad anziani e signore, soprattutto se in dolce attesa, perfino esibendosi in un mezzo inchino: prego, si accomodi. L'anziano o la signora si guardano attorno cercando la telecamera nascosta, poi si convincono che è tutto reale e ringraziano, sia pure con la titubanza che tradisce la sorpresa. La persona gentile in macchina si ferma alle strisce, con palese stupore del pedone rassegnato a un'attesa interminabile; ciò facendo, l'automobilista gentile sa di rischiare di essere tamponato da chi dietro di lui sta messaggiando sul telefonino non immaginando che qualcuno possa fermarsi alle strisce pedonali. La persona gentile compie tanti, tantissimi, innumerevoli e a volte impercettibili gesti che rendono migliore la vita al prossimo e quindi alla società. Non ne ricava alcun vantaggio materiale, ma una grande soddisfazione morale e spirituale: per lui, infatti, i beni preziosi sono sia materiali sia immateriali, talvolta più i secondi che i primi.
Supponiamo a questo punto che il candidato del Nordest – Comune medio con popolazione anziana: nella sua lista, di dieci maschi e sei femmine, l'età media è di 57 anni – sia tutt'altro che un tontolone, ma una testa fina ben consigliata. E che la gentilezza, da categoria propria del galateo, possa emigrare in politica. Prima domanda: gli elettori ne avvertono il bisogno? Forse il cinismo, l'odio, la spavalderia, la smargiasseria e la boria hanno compiuto la loro parabola mirabolante e sono prossimi al lento declino. Insomma, gli italiani cominciano a non poterne più. Ma come si declina la gentilezza in politica? Facile, nel cedere il posto sul bus. Nel fermarsi alle strisce. Ossia nel prendersi cura degli altri, a partire dai più deboli e meno tutelati.
La politica gentile persegue il bene comune, il milite ignoto di questi anni digrignanti. Lavora affinché tutti lavorino; garantisce servizi di qualità per tutti (casa, salute, istruzione...). Ascolta prima di parlare. Chiede scusa se sbaglia. Studia prima di progettare. Si fa consigliare da chi ne sa di più. Come promette il nostro candidato, «va incontro agli altri» senza aspettare che siano gli altri a cercare lui. Cose semplici e dimenticate, proprio come la gentilezza.
Tanto perde, pensano nel Comune del Nordest. Perdere smarcandosi e sottraendosi al fango sarebbe già una bella cosa. Perdere iniettando le prime, letali dosi di antitossine nella politica melmosa sarebbe una cosa ottima. Ma siamo proprio certi che perda?
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI