domenica 8 gennaio 2017
I Re magi non sarebbero più venuti. Come avrebbero fatto a seguire la stella? Le luci delle metropoli in cui abitavano illuminavano la notte molto più del giorno. Soprattutto nel tempo di Natale: le ghirlande, le insegne, i cartelloni pubblicitari, non smettevano di rallegrare le strade e di eclissare nel cielo il chiarore troppo delicato delle costellazioni. Quei magi del resto non si dedicavano più all'astrologia: consumavano i loro occhi al microscopio, si interessavano ai geni e alle nanotecnologie, ed era là, nei codici di quattro lettere o di due cifre, che cercavano l'uomo nuovo.
Neanche i pastori sarebbero venuti. Si erano piegati alle esigenze della liberazione animale: la produzione di tessuti sintetici e di carni in vitro li relegava ormai a lavori di logistica dietro gli schermi dei computer, negli uffici di grattacieli così alti da respingere gli angeli. L'annuncio di una “grande gioia” fatto da un serafino della settima gerarchia li avrebbe probabilmente commossi solo per un attimo, come certi pop-up fatti particolarmente bene.
Ma quell'annuncio sarebbe poi stato rapidamente inghiottito dal flusso incessante di mail e notifiche. Gli angeli del resto non erano molto in gamba nel Web design. Il solo modo che avevano ancora per mandare un messaggio era il bug o il blocco totale, ma i nuovi pastori, invece di approfittarne per aprire gli occhi e guardarsi intorno, belavano di collera contro quel caprone dell'ingegnere informatico.
Non ci sarebbero più stati neanche il bue e l'asinello. Tutti sanno che da molto tempo l'asino è stato sostituito dalla Cinquecento - a meno che non si tratti della Smart. Il bue, poi, è andato a nascondersi al confronto con i droni agricoli guidati da algoritmi che ottimizzano i rendimenti delle fattorie verticali. Neanche oso nominare la stalla o la mangiatoia. Chi si ricorda ancora di cosa siano una stalla o una mangiatoia? E come ignorare che assolutamente non soddisfano alle norme sanitarie vigenti in materia di gestazione e parto?
E tuttavia il centro di ortogenetica che osserva quelle norme con grande scrupolo, aveva consigliato a Maria di abortire. La povera piccola aveva solo sedici anni e non aveva idea di chi fosse il padre. I suoi discorsi erano piuttosto confusi. Gli psicologi familiari della sindrome di Stoccolma dicevano che era stata traumatizzata e che opponeva una negazione totale allo stupro di cui, chiaramente, era stata vittima. E se si aggiunge che il feto non era stato sottoposto allo screening diagnostico prenatale, si poteva temere per la vita sociale e il benessere di quella mamma ancora troppo giovane. La si sorvegliava dunque da vicino, per il suo bene. E alcuni poliziotti compassionevoli avevano ricevuto l'ordine di procedere al suo ricovero coatto.
Fuggendo, aveva trovato la protezione di un uomo appartenente a una buona famiglia cattolica. Quell'uomo aveva grandi capacità ma non aveva voluto studiare al Politecnico e neppure in un Mba. Era innamorato di un materiale molto poco innovativo: il legno. Desiderava fare il carpentiere nell'epoca dei palazzi di vetro intelligente e dei tetti di Eternit. Ecco perché i suoi genitori l'avevano diseredato. Lui stesso, a causa di quell'allontanamento, non sapeva più tanto bene se credeva in Dio. Tanto più che altri, che in quei tempi parlavano molto di Dio, volevano la sua morte: aveva dichiarato apertamente che preferiva il verde delle praterie a quello della loro bandiera.
Poi aveva incontrato lei, l'improbabile. La vide mentre usciva dal centro di ortogenetica, e una specie di fede disperata si era improvvisamente impossessata di lui di fronte alla sua bellezza rigata di lacrime.
Avevano trovato quella casa abbandonata, con i vetri rotti, in un posto sperduto e disabitato. Bene o male, riuscivano a scaldarsi. Senza bue. Senza asino. Senza pastori né magi. E siccome l'elettricità non funzionava più tanto bene in quella contrada abbandonata del loro paese, potevano di nuovo vedere le stelle. Non avevano più nient'altro: le stelle e il loro amore, e le loro mani, per ricominciare a splendere.
Le possibilità che avevano erano molto scarse. Una volta avevano anche pensato di lasciarsi morire. Ma Giuseppe aveva riparato il tetto, tappato i buchi, fatto una culla con il legno della vicina foresta. E quando il viso del bambino apparve sotto il volto esausto e sublime di sua madre, egli seppe che bisognava reinventare per lui il cielo e la terra, le piante e gli animali, il fuoco e l'acqua, i pastori e i poeti, e che ci sarebbero state altre famiglie come la loro per raggiungerli, e che sarebbero stati sempre abbastanza poveri per riuscirci. Per riuscirci di nuovo. Forse.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI