venerdì 16 aprile 2010
Nel momento culminante del finale travolgente stiamo dimenticandoci della Nazionale. È così bello e emozionante, questo campionato, che non abbiamo tempo di pensare al Mondiale: la minaccia di Osama Bin Laden di prepararci un'accoglienza a dir poco esplosiva in Sudafrica è stata presto soffocata dal clamore delle accuse di Luciano Big Moggi all'Inter e dalla marcia quasi trionfale della Roma del sor Claudio Ranieri. E il fatto che ci si prepari a vivere cinque giornate di dura lotta per la conquista dello scudetto, dell'Europa e della salvezza non preoccupa più che tanto gli appassionati né le istituzioni: in altri tempi, diversi, diciamo più umani, si sarebbe levato un grido di dolore pensando agli azzurrabili costretti a impegnarsi strenuamente fino all'ultimo minuto e spremuti dalla testa ai piedi, mentre altri tornei che vanno spegnendosi senza affanni consegneranno ai Selezionatori giocatori sereni, riposati, pronti a far fuoco e fiamme fra Johannesburg e Città del Capo.
L'allarme, a dire il vero, non viene neppur da Lippi e non so se l'ottimo Ct sia più incosciente o straricco di certezze; o ancora se la sua indifferenza sia un modo come un altro per esorcizzare i nostri timori e dirci che la Nazionale è "cosa sua"; che degli juventini strapazzati si preoccuperà lui, al momento opportuno; che di Cassano e Balotelli eroi del gran finale non se ne farà nulla, comunque; e che i fantasmi di Cannavaro e Pirlo - tanto per dire - fanno forse paura a noi, uomini di poca fede, certo non a lui che degli azzurri sembra possedere, oltre che l'energia fisica, il cuore e la mente. È prevedibile, naturalmente, che appena concluso il campionato, a metà maggio, le tre settimane premondiali vedranno esplodere tutte le polemiche oggi represse, balzare in prima pagina tutti gli esclusi definiti dai media indispensabili e tutti gli indispensabili al contrario reputati inutili se non dannosi. E il Circo Mediatico alzerà le tende allestendo spettacoli ormai classici. Come quelli che anticiparono Spagna 1982 e Germania 2006, ad esempio, quando molti autorevoli scribi chiesero a gran voce la testa di Bearzot e Lippi. In verità, molto italianamente - ovvero scaramanticamente - ci aspettiamo che le Cassandre si affrettino a lanciare disperati allarmi: da quel momento cominceremo a sperare di vincere il Quinto Titulo. La spedizione azzurra, in verità, non sta nascendo sotto i migliori auspici ma è anche giusto aver fiducia nelle scelte (consapevoli) di Lippi. L'altra mattina, chiacchierando a Radiouno con Paolo Rossi, ho ripensato a com'era conciato, il mio amico Paolino, fino a poche ore dall'inizio del Mundial spagnolo: appena finita la squalifica che l'aveva appiedato per due anni, smagrito, pallido e abbacchiato, viveva nel ritiro azzurro una convalescenza apparentemente senza speranza di pronta guarigione.
Gli facevo visita ogni giorno, per consolarlo, finché m'accorsi che stava meglio, che nei suoi occhi c'era non una strana espressione ma una luce nuova. L'aveva vista anche Bearzot che lo spedì in campo nonostante la violenta contestazione dei critici. E così nacque Pablito il goleador azzurro, il Pichichi del Mundial. Fate voi...
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