venerdì 11 aprile 2014
A chi si sia trovato a Napoli in una domenica di queste, è capitato di imbattersi in piccoli cortei di adulti adolescenti bambini in camicie o maglie bianche e cinture di stoffa azzurra preceduti da una minima orchestrina che mescola vivacemente motivi sacri e profani e da uno stendardo con l'immagine della Madonna dell'Arco – un rozzo quadro venerato presso Pomigliano, la cittadina famosa per i problemi dell'Italsider. Sono i fedeli che si preparano, chiedendo un piccolo contributo per le spese ai passanti, ad affrontare nel Lunedì dell'Angelo la lunga camminata in corteo fino al santuario, al cui centro è un carro su cui troneggia una riproduzione del quadro miracoloso. Là sarà un succedersi di «paranze» e nella chiesa si assisterà per ore a una sfilata di persone spesso drammatica, perché molte si abbandonano a grida pianti convulsioni sfogando le angosce di un intero anno, dichiarandole a voce alta nella loro richiesta di conforto o di grazia. Ci si stupisce ogni anno della presenza massiccia a questa cerimonia di giovani, che dichiarano la paura del futuro provocata dalla crisi economica che attanaglia certe parti del Paese molto più di altre. Negli anni delle vacche grasse si dava per morente, sopravvivenza folklorica e non sentita necessità, la lunga stagione di un rapporto popolo-religione strettissimo, pur se in forme antiche ed estreme (per esempio quella di chi si flagella nel corso di una processione), tra i contadini, soprattutto nel Sud, ma anche tra i cosiddetti sottoproletari in città come Napoli. E invece no, queste feste e questi riti sono sopravvissuti, trovano nuova linfa proprio dalla crisi, e i giovani vi partecipano spesso da protagonisti quale che sia, nel resto dell'anno, il loro rapporto con la Chiesa. Se si vuol capirne di più, ne parla il bellissimo saggio di un antropologo, Stefano De Matteis, uscito da poco per le edizioni M. D'Auria (www.dauria.it), «Mezzogiorno di fede. Il rito tra esperienza, memoria, storia», che tratta in particolare del culto di san Giuseppe da Copertino («l'asino che vola»), dei riti penitenziali di oggi, del culto delle anime. Il presente non è meno faticoso da vivere oggi di ieri, e per i giovani e le «classi subalterne» sta diventando anzi sempre più faticoso.
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