martedì 20 dicembre 2016
Se non ci fosse il Napoli, il calcio al Sud potrebbe dichiarare fallimento. E tuttavia dopo anni di imprese spesso esaltanti,
comunque di altissimo livello, agli azzurri di De Laurentiis va ancora l'appellativo di fenomeni, proprio come ai tempi di Maradona fenomeno totale. Fra le due epoche - separate da un trentennio - la filosofia locale era quella espressa con una felice e amara battuta del mio carissimo perduto amico Macello D'Orta: «Io speriamo che me la cavo». E dire che il più popolare dei giochi, e segnatamente la sua versione italiana, proprio dal Sud ha ricevuto i più alti contributi culturali: da Salerno, antica città di studi la cui università può senza scandalo offrire ricetto anche al gioco del pallone. Nel nome di Gipo Viani, colui che - allenando la Salernitana fra il '40 e il '48 - concepì e consegnò all'opera di Nereo Rocco e alla fantasia di Gianni Brera la versione aggiornata del catenaccio elvetico di monsieur Rappan, matrice del calcio all'italiana oggi trionfante anche in Inghilterra nel nome di Conte e Ranieri. Diranno a Salerno: Napoli che c'entra? Diranno a Napoli: «Va bene, De Luca è salernitano, ma il calcio siamo noi». Bene: oggi il calcio è Sarri, napoletano all'anagrafe, toscano nella vita, l'uomo che da solo potrebbe sostituire i professori di Coverciano. Sarri è un degno successore di Viani, è un raro studioso di calcio, come in passato gli innovatori Corrado Viciani, Manlio Scopigno, Arrigo Sacchi. Prendete Mertens, esploso sulle prime pagine d'Europa dopo avere demolito il Torino: era già un talentuoso e efficace pedatore prima che Sarri lo trasformasse in predatore delle aree nemiche, ma su di lui il tecnico del Napoli ha lavorato di forza e di fino, imponendogli un ruolo di centravanti falsamente attribuito, di solito, a muscolosi giganti, e la libertà di svariare negli ampi spazi procuratigli da Insigne e Callejon. Il quarto gol del belga, preparato e voluto, è uno dei più belli almeno del secolo breve; ma lì siamo al capolavoro dell'artista ispirato, mentre i tre precedenti sono il lavoro di Sarri. Fin qui il tecnico del Napoli era detto schiavo di un modulo (4-3-3) e di forti dubbi mescolati a sublimi certezze . Ci ha messo un po' ma alla fine con il valore aggiunto di questo Mertens può permettersi di sfidare ancora l'immensa Juventus.
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