sabato 8 febbraio 2020
Il 2019 sarà ricordato probabilmente come l'anno dell'e-commerce. Secondo l'Istat nel 2019 le vendite online hanno registrato in Italia un'impennata del 18,4%, in ulteriore accelerazione rispetto alla crescita sostenuta del 2018 (+12,1%) e del 2017 (+14,7%). Per comprenderne appieno la portata, questi numeri vanno confrontati con l'andamento generale delle vendite al dettaglio: l'anno scorso sono cresciute soltanto dello 0,8%. Dato, quest'ultimo, che a sua volta sembra la media del pollo di Trilussa se si approfondisce (al suo interno) la differente performance della grande distribuzione, che registra una crescita dell'1,4%, e delle vendite nei piccoli negozi che invece risultano in flessione per il terzo anno consecutivo (-0,7%). Dopo aver trasformato la modalità di acquisire le informazioni, di vivere le relazioni interpersonali e di godere del tempo libero degli italiani, dunque, il mondo web sta rivoluzionando le abitudini di consumo. La diffusione dei sistemi di sicurezza nei pagamenti elettronici sembra aver fugato molte paure degli italiani, tradizionalmente affezionati al contante e al rapporto diretto con l'esercente, spingendoli a privilegiare la comodità di scegliere e realizzare un acquisto dal divano di casa, soprattutto nei periodi dei saldi e delle feste natalizie. Basti pensare che nel mese di dicembre il commercio elettronico ha fatto segnare in Italia un balzo del 38,3%, a fronte dello scarno incremento dello 0,9% dei consumi generali. Tra il 2015 e il 2019, nel nostro Paese il valore del commercio elettronico è cresciuto del 61,8%. Il fenomeno sta modificando profondamente la mappa dei servizi e la stessa qualità della vita dei nostri centri urbani, a partire dalle grandi città, dove i piccoli negozi scompaiono a grande velocità sostituiti da bazar, dove è possibile acquistare in orari impensabili qualsiasi tipo di bene di modico valore. Non è un caso naturalmente: questo tipo di acquisti hanno poco senso sul web. Su tutto il resto delle attività commerciali, ad eccezione della grande distribuzione, pende ormai la spada di Damocle del rischio-chiusura per deficit di competitività rispetto al commercio online. Qualcuno direbbe: è il mercato, bellezza. Ma forse dovremmo chiederci se è desiderabile che le politiche dei Comuni possano, o forse debbano, garantire la sopravvivenza dei negozi di qualità (almeno nei centri storici).
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@FFDelzio
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