mercoledì 19 settembre 2012
Ettore Bernabei, «nell'aquila dei suoi novant'anni» (per dirla con Salvatore Quasimodo), ha consegnato a L'Italia del "miracolo" e del futuro (Cantagalli, pp. 240, euro 16,50) la sua visione dei flussi e riflussi di oltre mezzo secolo di storia politica e culturale non solo italiana. Dal suo posto privilegiato di testimone e, spesso, di protagonista di eventi cruciali, Bernabei, stimolato dalle domande di Pippo Corigliano, dipinge un affresco inedito e, a dir poco, inquietante della Prima e della Seconda Repubblica, le cui vicende sarebbero segnate dallo scontro tra il modello economico capitalista e iperliberista angloamericano, e il modello "mediterraneo" di economia mista (sinergia tra pubblico e privato) che ha consentito il "miracolo" economico italiano degli anni Cinquanta e Sessanta.Uno scontro non solo tra visioni alternative dell'economia, bensì, e più in profondo, tra la pretesa egemonica protestante e massonica, e l'antropologia cattolica centrata sulla dignità della persona e sul bene comune rettamente inteso. Del resto, osserva Bernabei, il Risorgimento italiano è stato supportato dalle logge massoniche inglesi, non estranee alla nascita e all'affermazione del fascismo come non lo erano state nella rivoluzione bolscevica, nell'ascesa di Hitler, e perfino nella presa di potere di Khomeini. "Agenzie" e "Circoli culturali" di impronta massonica e capitalista avrebbero facilitato negli anni Settanta la destabilizzazione del sistema politico italiano alimentando il terrorismo e il brigatismo rosso, e non sarebbero stati inerti neppure nella morte di Aldo MoroLa bestia nera di Bernabei è la deregulation della Thatcher e di Reagan, che ha incentivato la finanziarizzazione dell'economia, responsabile della crisi del 2007-2011. Anche il passaggio dal sistema elettorale proporzionale al maggioritario sarebbe avvenuta per mantenere il predominio dei "poteri forti", «come può essere in Inghilterra il Consiglio privato della Corona, o negli Stati Uniti la grande Finanza internazionale», che, finanziando entrambe le formazioni che si alternano al governo, sviliscono il ruolo della politica.Dietrologia? Complottismo? Nell'ampia e circospetta prefazione, il prof. Piero Roggi, ordinario di Storia del pensiero economico nell'Università di Firenze, si dice «certo che la testimonianza di Bernabei e dei suoi amici costituisce un'ipotesi storiografica forte che, mentre si attendono ulteriori riscontri su base documentaria, mantiene tutto il suo fascino». E affascinante la narrazione del mitico e rimpianto fondatore della televisione pubblica italiana lo è davvero, anche per i retroscena in cui non è stato semplice spettatore. Per esempio, veniamo a sapere che per la soluzione della crisi di Cuba nel 1962, col rischio di una terza guerra mondiale (questa volta atomica), è stato determinante per Kennedy un suggerimento di Fanfani, elaborato con gli ambienti vaticani. E curiosa è anche la segnalazione del "clan dei sardi", «formato da famiglie di appartenenza massonica come i Berlinguer e i Siglienti, nelle quali i maschi sposavano donne di famiglie cattoliche, come i Cossiga, i Segni e i Magia. Con questo espediente nel dopoguerra le famiglie laiche sarde ebbero buoni rapporti con il mondo democristiano, conservarono le loro prerogative e poterono svolgere funzioni pubbliche anche di rilievo».Da queste pagine si evince che la passione politica e culturale di Bernabei è sempre stata sorretta da una profonda visione cristiana e da un anelito di moralità indicato come viatico anche per l'oggi. Del resto, Bernabei era presente quando Dossetti comunicò a La Pira la decisione di abbandonare la politica per farsi prete, nella convinzione che il comunismo avrebbe comunque trionfato. Al che La Pira, dal suo letto di malato, sbottò: «Il comunismo non vincerà perché è ateo».
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