mercoledì 30 marzo 2005
"Dio non è morto: una favola non muore mai": sabato santo a tutta pagina, titolo di "Liberazione". I cristiani pensano a Cristo morto e sepolto? Niet! Lì si sono entusiasmati di recente per Salman Rushdie - tutte le religioni un fascio di barbarie! - ma vanno oltre. Chiara Ristori intervista Michel Onfray, "filosofo e fondatore dell'università popolare di Caen". Eccolo: "Ogni religione è miseria spirituale che genera la rinuncia a sé, l'evidenza di un'alienazione". Lui "con una trentina di libri teorizza un ateismo argomentato, costruito e militante, di un'efficacia straordinaria e di grande coraggio". Spavaldo: "Non credo in dio perché non credo nella fata dai capelli turchini". Un maestro: "dio è un sotterfugio, fabbricato dagli uomini per scongiurare la paura della morte". Così: una favola, e tutte le favole non muoiono. E allora? Allora chi dice di credere in Dio o è restato un bambino stupido che alla sua età prende sul serio le favole, o è un disonesto in malafede che vuole servirsi della favola per imbrogliare gli altri. Sei colonne di lezione del "filosofo", con la Ristori "accucciata" ai suoi piedi che registra il suo verbo, fino all'offerta finale: "un'etica edonista". Finalmente: "Ebraismo, cristianesimo e islàm spingono alla morte", e lui, Onfray, offre la vita e il piacere su "Liberazione". Due domande: quel giorno l'editoriale di "Liberazione" ha
nota firma "cattolica": rimbambito o disonesto? E infine: se oggi seriamente, in pagina di qualsiasi giornale, un credente dicesse che gli atei, senza eccezione, o sono stupidi o sono imbroglioni in malafede, che succederebbe?
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