giovedì 13 gennaio 2011
Le verità che contano, i grandi princìpi, alla fine restano sempre due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino.

Ricordo ancora con intensità quel dolce pomeriggio di settembre del 2007, in cui ero stato nella sua casa milanese a lungo per un saluto, alle soglie della mia definitiva partenza per Roma. Tre settimane dopo lo incontravo per l'ultima volta nella clinica ove avrebbe di lì a poco concluso i suoi giorni. Sto parlando di Enzo Biagi, indimenticabile giornalista e scrittore; i nostri dialoghi avevano sempre una piccola oasi di memorie, a partire dalle amatissime sue origini emiliane, tant'è vero che - pur non essendoci mai stato - mi sembrava di conoscere dal vivo quel Pianaccio ove egli era nato nel 1920 e ove riposavano i suoi cari nel piccolo cimitero del paese.
Tra le mani mi è capitato ora uno dei suoi libri più lontani nel tempo, Strettamente personale del 1977. Me l'aveva dato, ovviamente anni dopo, perché conoscessi la sua storia personale che aveva alla sorgente proprio la verità che oggi ho citato. È vero, quante cose nella vita abbiamo imparato: lo confesso io per primo che ho letto valanghe di libri, ho incontrato persone famose e semplici a migliaia, ho viaggiato, visto, incrociato luoghi ed esperienze diversissime. Eppure c'è una sorta di stella polare che sempre brilla nelle notti dello spirito, soprattutto quando hai perso la rotta e non sai cosa decidere o fare. È quello che tua madre ti ha insegnato da bambino in parole e con l'esempio. Questa stessa cosa la possono riconoscere anche i ragazzi di oggi? I loro genitori sanno e vogliono insegnare loro quei «due o tre grandi princìpi» che si incidono nella coscienza? È una domanda che lascio serpeggiare tra i miei lettori col suo carico di sospensione e di dubbio.
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