venerdì 29 ottobre 2004
Alcuni anziani si recarono da padre Poemen e gli posero un quesito: «Se vediamo dei fratelli che sonnecchiano durante la liturgia, vuoi che li scuotiamo, perché rimangano desti durante la veglia?». Egli rispose loro: «Veramente, se io vedo un fratello che sonnecchia durante la liturgia, metto la sua testa sulle mie ginocchia e lo lascio riposare».Il terribile Jonathan Swift che, oltre ad essere l"autore dei Viaggi di Gulliver, era anche un pastore anglicano, aveva scritto un piccolo saggio ironico sul come far dormire i fedeli durante una predica pomeridiana. Può accadere che, soprattutto in occasione di omelie lunghe e piatte, le palpebre s"abbassino e non certo per meglio riflettere. È ciò che accadeva anche agli antichi monaci che vivevano nelle aspre solitudini del deserto egiziano, come è attestato da questo apologo che ha per protagonista uno dei maestri o "padri" di allora (questo e altri racconti sono presenti nella Vita e detti dei padri del deserto, ed. Città Nuova 1975).La lezione del maestro è sorprendente nella sua umanità. Molti scambiano l"ascesi per masochismo, confondono la religiosità con una mera sequenza di norme, immaginano la santità come uno staccarsi dalla concretezza per vivere "angelicamente". E invece non bisogna mai dimenticare la mitezza di Cristo, la sua pazienza nel tirarsi appresso discepoli non proprio brillanti in spiritualità e intelligenza e folle desiderose solo di miracoli e di pane. Quella testa che riposa sulle ginocchia del vecchio padre spirituale è il segno della generosità, della comprensione, della pacatezza di un"anima veramente grande e capace di amore.
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