sabato 3 ottobre 2015
Ci sono voluti più di 500 anni anni, ma, alla fine, l'«errore storico» è stato riparato. Nel 1492 gli ebrei sefarditi (ovvero gli ebrei di Spagna, Sefarad in ebraico) furono cacciati dai re cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando II di Aragona con il Decreto dell'Alhambra (i tempi erano quelli dell'Inquisizione). Almeno duecentomila ebrei, secondo dati concordanti, vennero costretti ad andarsene, trovando perlopiù rifugio nei Paesi dell'Europa meridionale e dell'Africa del Nord (in particolare Marocco e Algeria). Ora, i loro discendenti (si parla di due-tre milioni di persone in tutto mondo) hanno ottenuto un riconoscimento: potranno chiedere e ottenere la cittadinanza spagnola senza perdere quella di origine, e senza l'obbligo di residenza nel Paese. È entrata infatti in vigore la legge votata in giugno dal Parlamento di Madrid volta proprio a riparare quella ferita. Per ottenere la cittadinanza, i candidati dovranno provare la discendenza, presentando documenti che confermino le loro origini, e dimostrare di conoscere la lingua e la cultura ispaniche. Il governo spagnolo ha già concesso la nazionalità a 4.302 discendenti dei sefarditi attraverso un decreto reale che velocizza quanto previsto dalla nuova legge. Le successive domande seguiranno l'iter normale. Non ci sono previsioni sulle richieste. Ma il responsabile della sezione consolare dell'ambasciata spagnola a Tel Aviv, Manuel Gonzalez, ha detto che tutti i giorni riceve chiamate di persone che chiedono informazioni su come ottenere la nazionalità spagnola, e quindi europea.
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