martedì 3 febbraio 2015
Una riflessione di Cristina Campo mi è arrivata, come buon augurio, da Ilaria Seclí, accento perenne, corpo poetico in tempi prosaici che vive appartata scarnificando pensieri in parole di forza e vigore, capaci di far male per quanto schiette. Fame di verità senza indulgenze da tornaconto.C'è una genialità femminile, non so quanto rara, certo insensibile alla lusinga accomodante di genere. È il tratto marcato di una civiltà che si sta inabissando e lascia emergere il profondo su cui è sedimentata: le persone.Sono sceso in città per andare a teatro, non succedeva da anni, volevo vedere sul palco Ermanna Montanari. Corpo teatrale, linea d'ombra che riluce di voce e parola e presenza. Immobile, leggermente sconnessa d'equilibrio, greve, roca ed impastata, stizzosa nel maledire la codardia, l'ignavia degli uomini, come solo una vecchia può permettersi, s'assottiglia, flessuosa ed eterea, in canto di bimba. Bimba malata, fiorita di sangue e di piombo ma incantata ed incantevole, in attesa di luce. LUS. Catena incantatoria di suoni antichi come il mondo, appena morti ma imparati da Ermanna, con amore filiale riconoscente, dal proprio padre. Romagna per sempre. Per ogni piccola patria che sta scomparendo.Padre perdonaci, non sappiamo quello che facciamo e perdiamo le parole per dirlo.
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