sabato 19 novembre 2016
La sala era piena di gente che aspettava cosa avrei saputo raccontare dell'amicizia tra don Giulio Delugan e mio padre.
Ricordo quel prete salire il prato davanti alla nostra casa di montagna con l'abito talare che gli rallentava il passo. Mi sembra che i suoi occhi fossero chiari, ridenti e pieni di affetto per mio padre, che gli andava incontro quasi con un abbraccio, appena trattenuto tra il rispetto e una profonda riconoscenza per la sua amicizia. Li vedevo allontanarsi camminando lungo un sentiero e parlare piano quasi in segreto, come se ogni parola non dovesse andare perduta. Il loro tempo era prezioso perché difficilmente ripetibile: il fascismo li teneva sotto controllo.
Vedevo mio padre rientrare in casa con un mezzo sorriso sulle labbra e due lacrime agli occhi: affetto, riconoscenza, nostalgia e speranze. Non potevo immaginare allora quanto queste visite di un amico vero potessero dare conforto a un uomo che aveva combattuto per la libertà fino a soffrire prigione, povertà, abbandono. Don Giulio conservava le molte lettere che mio padre gli aveva scritto negli anni del fascismo e con grande generosità me le aveva inviate affinché le potessi pubblicare. C'è la descrizione di una vita difficile, piena di ostacoli materiali e pene dello spirito, ma tutto accettato con animo cristiano. «Caro don Giulio – scrive De Gasperi nel dicembre 1929, ringraziando per l'aiuto materiale che alcuni amici gli avevano inviato – la flessione imposta allo spirito e all'orgoglio mi fa spesso gemere, c'è però in questo basso cammino una gran luce che mi fa sempre più chiaro, ed è la bontà di Dio che, ora più che nei tempi felici, vedo precedere i miei passi... affidiamoci a lei».
Chi volesse comprendere la profondità spirituale e la bontà umana di De Gasperi, al di là della sua politica dovrebbe leggere i ricordi di don Giulio: «La sua più grande forza fu la fede... nella quale va ricercata la fonte dei suoi successi, della sua fiducia incrollabile, del suo coraggio, della sua pazienza... della sua capacità di sacrificio, al punto da poter affermare ripetutamente che non sarebbe rimasto al suo posto di governo neppure un momento se non avesse avuto la persuasione di compiere con ciò la volontà del Signore».
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