sabato 7 maggio 2022
Don Germano Pattaro nasce a Venezia il 3 giugno 1925: prete il 25 marzo 1950. Nel '53 è assistente diocesano della “Fuci”, docente di Teologia ecumenica, e per molti anni anche di religione al liceo Foscarini, formando generazioni di giovani veneziani. Dal 1954 anima gruppi di spiritualità familiare elaborando una teologia rinnovata del matrimonio alla luce di Vangelo e Concilio. Nel 1962 inizia un suo vero e proprio impegno ecumenico. Decisivo l'incontro con Maria Vingiani, fondatrice del Sae (Segretariato attività ecumeniche), poi da Venezia trasferito a Roma con la protezione di Loris Capovilla, segretario di papa Giovanni e grande animatore del dialogo ecumenico. Negli anni '70 questo impegno divenne dominante. Insegna anche allo Studio teologico dei Cappuccini alla Giudecca, a Venezia, e nell'abbazia di Santa Giustina a Padova. Una vita spesa tutta per gli altri. È morto a Venezia il 27 settembre 1986 dopo una lunga sofferenza senza lamentarsi, disponibile per tutti coloro che lo incontravano. Restano le memorie di tanti che lo hanno amato, e i suoi scritti. Qui mi permetto di ricordare i suoi interventi sulla rivista «Matrimoni» e fondamentale il suo “Corso di teologia dell'ecumenismo” edito dalla Queriniana di Brescia nel 1983. L'ho conosciuto di persona il 6 agosto del 1978, «l'anno dei 3 Papi»: Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Ero alla Settimana di formazione ecumenica del Sae, e in mattinata arriva improvvisa la notizia della morte di Paolo VI. A tavola con accanto a me c'è lui, e ovviamente per il Conclave a me viene in mente il nome di Luciani, incontrato a lungo e con affetto negli anni successivi al 1965. È il suo patriarca a Venezia, ma lui mi dice che non sarebbe felicissimo e con il sorriso sulle labbra, mi racconta che in certi momenti aveva avuto difficoltà nel comprendere il patriarca che voleva assistere agli esami, e talora chiedeva dove l'alunno avesse letto certe affermazioni, e alla risposta che indicava le lezioni di don Germano stesso commentava così: «Allora va bene, ma a me pare un'eresia!». Il mio ricordo personale: il cardinale Pellegrino quel 23 agosto, vigilia del primo Conclave, mi aveva detto: «Se non eleggiamo un italiano, Papa sarà Wojtyla». Fu eletto “l'italiano”. Con Pattaro non mi ero più sentito. Lo pensavo un po' deluso, ma a sorpresa nei primi di settembre mi chiama al telefono per dirmi che l'indomani sarebbe venuto a Roma e quanto al motivo del viaggio inatteso mi racconta che il Papa gli aveva telefonato con la proposta di trasferirsi in Vaticano come suo “consigliere ecumenico”. Causa della proposta: il 5 settembre tra le braccia di Luciani, nel corso di una udienza al Patriarcato di Mosca era spirato il metropolita Nikodim, e quella sua morte in un atto di fede estrema, con il nome di Gesù sulle labbra era stata così sorprendente che il Papa aveva sentito il bisogno di approfondire i temi della conoscenza e del futuro dell'ecumenismo nella sua nuova veste di Vescovo di Roma: di qui l'esigenza di avere un consigliere ecumenico sperimentato. Cominciarono così i preparativi del trasferimento a Roma, poi le cose cambiarono. Arrivò il secondo Conclave, don Germano restò a Venezia e continuò il suo ministero di prete vicino alla gente, agli studenti, ai giovani e ai poveri, e quello di docente e teologo ecumenico che si sentiva obbligato a coltivare i semi gettati dal Concilio nel “campo” della sua Chiesa: fedele e libero insieme, rispettoso e capace di approfondire anche i temi più scottanti di teologia e pastorale. Esemplari i suoi scritti teologici oltre che sull'ecumenismo anche sulla teologia del matrimonio cristiano. Alcune delle cose più belle e più profonde sul rapporto tra il Sacramento del Matrimonio e la vita cristiana dei battezzati le ha scritte lui nei suoi libri. Vero “Confratello d'Italia”, amatissimo e ricordato fino ad oggi da tanti credenti e non credenti, cattolici e no. Ha continuato il suo “servizio” a tutti: luce intellettuale, passione per vivere il Vangelo nelle diverse condizioni di vita cristiana, equilibrio tra salvaguardia del passato da “conservare” ed esigenza di rinnovamento liberante. Un dono e un esempio per tutti.
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