martedì 14 maggio 2019
Ieri tante prime pagine per «don Corrado», un prete che «serve i poveri». Oggi è un cardinale, Konrad Krajevski, elemosiniere di papa Francesco: ha ridato “luce” a un popolo di scartati, e proprio ultimi. Corrado: in quel nome un presagio. Qui già nel 2001 (7/7, e 21/12) ho ricordato don Corrado Fioravanti (1919-1998) prete romano che dal 1945 senza incarichi ufficiali, prima a Roma, poi a Milano, fu totalmente al servizio degli ultimi, allora gli orfani di guerra: migliaia. Infaticabile, pronto a sfidare anche le leggi: cominciò dalle parti di San Pietro, all'ospedale Santo Spirito, incoraggiato dal Sostituto, Giovanni Battista Montini, che poi lo volle a Milano, quindi di nuovo a Roma, un ciclone, capace di sfidare i benpensanti, chierici o laici... Insofferente di ogni disciplina che mortificasse la carità concreta, inventò cooperative e imprese, e infine a Milano una fabbrica di aceto con i suoi ragazzi. Sempre in movimento, parola di popolo e insieme di catechismo puro, amato e temuto anche da certo ambiente ecclesiastico, sarebbe piaciuto – penso – a papa Francesco. Fino alla fine in mezzo ai suoi “figli”, ultimi tra gli ultimi, e con una singolarità assoluta. Per i conti della fabbrica di aceto il 12 dicembre 1969 era dentro la Banca a Piazza Fontana quando scoppiò la bomba che fece decine di vittime. Fu salvato da una colonna tra lui e la bomba stessa, ma ebbe lacerata la talare nera, come sempre abito di lavoro e di servizio, e le foto del giorno dopo lo ritraggono mentre assiste i feriti e benedice le vittime. Un disordinato? Non se ne curava. Un profeta del futuro e di una Chiesa in uscita e ospedale da campo? Non credo ci abbia mai pensato, ma è stato così, fino alla fine. La “fine”? Che nel nostro caso – mi si permetterà la trovata – può apparire molto vicina all'inizio. Infatti da qualche parte, che poi è anche di Chiesa e Profeti tutto cominciò proprio così: «Si faccia la luce! E la luce fu!».
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