martedì 11 giugno 2019
Su “Libero” domenica apertura gigante in rosso: «Il Vaticano non si rassegna... Calano i migranti», e, tutto maiuscolo: «Chiesa disperata»! Segue lamentosa e commossa denuncia: «Fedeli e preti non ne possono più», con preannuncio di «letture pro invasione a Messa». Così dunque: «Chiesa disperata»? Dopo duemila anni e le invasioni barbariche, e dopo Alarico, dopo Attila, dopo tanto, dopo tutto ecco l'annuncio: «Chiesa disperata»! Una esondazione indignata, una lettura fuorviante e maligna. E la “filippica” continua a pagina 3: «Il Vaticano non ci sta. Calano gli immigrati». Che dire? Che un po' di disperazione professionale può venire anche a chi legge. La firma è nota per le sue esasperazioni ubique, ma nel caso non è il più, che invece conta. Eccolo: come può un direttore che ti sforzi di rispettare anche quando non sei d'accordo dare spazio a follie del genere? Nei fatti può, e ieri, sempre “Libero”, si interessa di «Fede commerciale» con dichiarazione sincera: «Non sono mai stato anticlericale». D'accordo, come detto, ma visto sopra ti resta sorpresa e delusione. Torno a domenica mattina, con quella “apertura” di disperazione universale. Nei fatti è Pentecoste, festa dello Spirito Santo che diventa “nostro”, quello grazie al quale «la speranza non delude» (Rm 5,5), e tu al mattino segui la celebrazione del Papa in Piazza San Pietro: un'invocazione unica, appassionata e vibrante dello Spirito Santo, allora «dopo cinquanta giorni incerti» e poi attraverso i millenni sempre attuale. Ecco la conclusione dell'omelia: «Spirito Santo, armonia di Dio, Tu che trasformi la paura in fiducia e la chiusura in dono, vieni in noi... Tu che fai di noi un corpo solo, infondi la tua pace nella Chiesa e nel mondo. Rendici artigiani di concordia, seminatori di bene, apostoli di speranza.». “Speranza” quindi, ultima parola: ironia della realtà!
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI