giovedì 25 luglio 2019
Leggi che in Italia – nome e cognome – c'è "un prete" sicuro che oggi la Chiesa «caccia dai Seminari gli alunni che pregano troppo» e lasci perdere: miserie! Talora, però, il dispiacere sa di rammarico... Se per esempio qui su "Avvenire" trovi una bella pagina su un nuovo film di Pupi Avati, tema il diavolo, ti rallegri ricordando altre imprese del medesimo, pur nella libertà che può dissentire, ma proprio il giorno dopo ti tocca leggere in una prima pagina, ridicola già nel titolo, che per Avati «il Papa non parla più di peccato», e allora ti domandi se l'annebbiamento o lo stravolgimento della realtà sia all'origine di una affermazione come questa. Uno sport frequente, soprattutto sotto questo Papa che non raccoglie gli insulti e non risponde alle provocazioni. Vangelo e Concilio sono le vie maestre, e questo basterebbe, se si fosse onesti e obiettivi. Non parla più di peccato, il Papa? Ma se ad ogni passo ricorda "beatitudini" e "guai!" finali in nome dell'eterno «l'avete (o) non l'avete fatto a me», allora a ogni passo parla di peccato e di salvezza eterna. Niente da fare: malcostume diffuso! Mi torna in mente che qui già 4 anni orsono e poi ancora (1/6/2017) replicavo a un lettore tutto scandalizzato perché – testuale – «papa Francesco non nomina(va) neppure una volta Gesù nella "Evangelii Gaudium"»! Gli risposi che nell'Esortazione il nome di Gesù ricorre ben 129 volte! Ma trovare cose del genere in pagina è una tristezza che disonora la categoria. Per fortuna stavolta basta e avanza una sola pagina. Altro? Torna "il diavolo", senza dispiacere, però. "Messaggero" 20/7, p. 21: «Quando il demonio parteggiò per Hitler»: leggi dei diversi attentati falliti, ma con ripetuta molte volte evocazione del "Caso" – sempre C maiuscola – che fa pensare a qualche mistero... Con 4 lettere, "Caso", si risponde alla domanda tragica: Unde malum? Chi si accontenta...
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