giovedì 14 dicembre 2017
La cronaca di questi mesi ci ripropone il tema della funzione della pena e della compatibilità tra tutela dei diritti fondamentali e condizione carceraria. In alcune discussioni non traspare tuttavia una sufficiente consapevolezza della portata necessariamente generale delle proposte avanzate: non ci possono detenuti di serie A e detenuti di serie B, quello che viene chiesto per uno deve valere per tutti, a parità di situazioni e presupposti. In queste settimane poi, l'attesa dei decreti legislativi, attuativi della legge delega n. 103/2017, aggiunge interesse al tema.
Proprio in questa materia, è stato presentato ieri (all'Università di Roma 3 dal prof. G.M. Flick, dall'avvocato De Federicis e da chi scrive) il volume, curato da Marco Ruotolo e Silvia Talini, "I diritti dei detenuti nel sistema costituzionale": un libro con finalità sia scientifiche sia didattiche, nel quale gli autori, in larghissima parte giovani studiosi, aiutano il lettore a muoversi in un mondo complesso, evitando semplificazioni e ideologismi preconcetti.
Filo rosso del libro è la proposta di far entrare dentro all'universo carcerario e al diritto che lo regola, quello penitenziario, il diritto costituzionale: inteso non solo, secondo la nota immagine di Santi Romano, come tronco dal quale si dipartono i diversi rami del diritto, ma proprio come linfa che li penetra dall'interno, il cui nucleo è costituito dalla nozione di dignità umana, mai scalfibile né incrinabile, che costituisce l'identità di una collettività organizzata.
Si tratti della tutela della salute o dell'accesso all'istruzione, della libertà religiosa o del diritto-dovere del lavoro, dell'esercizio di libertà collettive o della riservatezza delle comunicazioni, la prospettiva da perseguire dovrebbe essere quella di rendere
effettive le regole costituzionali e legislative: è allargando le tutele, con le cautele e la prudenza che le situazioni esigono, che si può vincere il rischio di recidiva e dare un significato reale alla funzione rieducativa della pena. Così pure, è dando alla magistratura di sorveglianza risorse e attenzione che potrà ancor di più rappresentare un raccordo tra amministrazione penitenziaria e detenuti, a vantaggio di tutto il corpo sociale (e forse il Csm potrebbe rinnovare il monitoraggio delle buone prassi organizzative nei rapporti tra tale magistratura e gli istituti di pena). Infine, accanto ai diritti, i doveri, che nella prospettiva della Costituzione hanno carattere orizzontale e solidale: la loro declinazione può rafforzare una condivisa cultura della pena in senso costituzionalmente orientato, così da trasformare il carcere da luogo da rimuovere, o le cui problematiche siano da delegare solo a specialisti, in una risorsa per più coesione sociale.
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