martedì 13 ottobre 2009
Sorpresa! «Tre giudici cattolici fanno la differenza»: titolo netto ("Unità", 9/10, p. 13) circa il recente voto della Consulta. Cose simili sugli altri giornali: "Corsera", «Grossi, giudice matricola scelto del Colle. Il no di un cattolico vicino a Cl, mai militante»; "Riformista", «L'indeciso Grossi, cattolico "medievale" che dice no al lodo», ecc. Dunque i cattolici ci sono e, in coerenza, su temi importanti eppure opinabili, «fanno la differenza»! Lo stesso giorno su Avvenire, che forse di casa cattolica sa qualcosa, leggo che «le associazioni ritengono contraddittorio» chiedere «un diritto mite sul fine vita» e insieme «la vincolarità» del cosiddetto testamento biologico. Parere di cattolici coerenti, che comporta sia il rifiuto dell'accanimento terapeutico, sia la deriva anarchicamente e magari occultamente eutanasica. Chi, dunque, si colloca su posizioni esplicitamente opposte costringerebbe i cattolici coerenti ad allontanarsi. È libertà, si intende: ma da ambedue le parti. E allora leggere, sempre "Unità" ieri, che tutti e tre i candidati segretari del Pd vogliono un «partito laico», meritandosi applausi unanimi, ma che da parole ripetute da mesi risulta che questa loro «laicità» è sempre intesa come l'opposto della posizione assunta in coscienza dai cattolici coerenti, fa davvero pensare. Tra l'altro leggi che uno dei tre vuole che «lo Stato resti fuori dalla camera in cui si muore», e la realtà dice invece che la maggior parte del Pd vuole una legge che porterebbe direttamente proprio lo Stato «dentro la camera in cui si muore» e che tanti autorevoli leader di quel partito faticano a riconoscere libertà di coscienza ai cattolici che non sono d'accordo. E allora pensi che se «i cattolici fanno la differenza», questo è un suicidio. «Assistito» quanto si vuole, ma sempre suicidio.
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