venerdì 20 marzo 2020

Parole in libertà, in giorni senza libertà: chiusi per virus, non possiamo fare. Ma possiamo continuare a pensare…

Giorno 9

A casa mia funziona così: hanno smesso di leggere il giornale. E quando arriva l’ora del Tg, cambiano canale. Li capisco, e ho avuto la tentazione di imitarli, ma poi ho pensato che non posso: io sul giornale ci scrivo. Ecco, di solito pensare aiuta a fare le scelte migliori. O ti aiuta a sbagliare, ma in maniera più precisa. In queste ore stravolte invece mi sono convinto che i giorni felici sono quelli in cui non hai tempo di pensare.

Titoli catastrofici, previsioni apocalittiche, il picco che non arriva, la curva che non scende, i numeri peggiori di quelli peggiori della Cina, la scuola che non si sa, i camion con le bare, state a casa, le storie dello strazio. E’ vero, le cose sono come sono e non come vorremmo che fossero: anche se smetti di guardarla, purtroppo la realtà non scompare. Ma qualcuno ha scritto che nell’oscurità le parole pesano il doppio. E allora sarebbe bello metterle a dieta queste parole, colorarle, asciugarle dall’angoscia che non porta da nessuna parte se l’angoscia ce l’hai già.

Il problema è che ho chiaro l’obiettivo, ma non ho una formula per raggiungerlo. Poi stanotte, al buio, mentre giravo per casa cercando una buona ragione per farmi venire sonno, mi sono ricordato di una frase bellissima, più potente di un Tavor: quando non riesci a dormire, smetti di contare le pecore e parla con il pastore. Non ricordo di chi sia, ma l’ho inghiottita subito. E ho scoperto che pregare è riprendere fiato. E che se sui balconi si pregasse insieme invece che picchiare sulle pentole, poi si rientrerebbe in casa con qualcosa nell’anima anziché solo nelle orecchie.

Non mi sono vergognato, cioè non ho pensato che è troppo facile guardare in alto quando non riesci più a sopportare quello che c’è in basso. Ho pregato e basta, senza chiedere favori, perché non ho nulla da dare in cambio. Senza pretendere che basti un’implorazione perché tutto cambi, ma con la convinzione che pregare possa cambiare me. E mi aiuti a trovare le parole giuste. Quelle colorate, che servono a convincere anche chi non vuole più leggerle.

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