sabato 2 maggio 2020

Parole in libertà, in giorni senza libertà: chiusi per virus, non possiamo fare. Ma possiamo continuare a pensare…

Giorno 52

Ho fatto un sogno. La pandemia c’era ancora, ma le strade erano piene di evasi in festa, i più contagiosi. Cioè quelli che stanno bene, o almeno lo credono, ma che da lunedì vorrebbero strapparsi la camicia di forza con la violenza di chi lo considera un atto di giustizia ritrovata. Quelli che siccome l’ha detto il decreto, pensano di avere la coscienza “apposto” (lo dicono così, con due p e tutto attaccato perché rende meglio l’idea). E quelli che se si può fare, lo farò. Senza preoccuparmi se è ragionevole farlo. Quelli che friggono per abbandonare gli arrosti domiciliari per mettersi a dieta di precauzioni. Quelli che non vedevano l’ora, quelli che il 4 maggio è la festa della liberazione.

Nel mio sogno avevano riaperto le fabbriche, le aziende, molti uffici. Chi andava a lavorare, lo faceva perché lo stato aveva trovato il modo di aiutare chi ha dei figli e adesso non può parcheggiarli a scuola. E chi non poteva ancora lavorare, riceveva qualcosa di concreto oltre agli incoraggiamenti e ai prestiti che non avrebbe potuto restituire. Non un Paese normale, quella è un'illusione. Ma un Paese più giusto. Dove erano tutti smaniosi di libertà, ma solo in teoria. In pratica, evitavano di uscire di casa se non era indispensabile, e se lo facevano mantenevano le distanze, usavano ancora i guanti e la mascherina, non c’era bisogno di compilare autocertificazioni inventandosi parenti inesistenti o scuse false. Perché erano tutti sinceri, e se li fermava la polizia, bastava che dicessero dove stavano andando e perché, ed erano automaticamente creduti. Poi mi sono svegliato, purtroppo. Ed era tutto molto diverso.

Ma un meccanismo del genere esiste davvero: si chiama Honor System, l’hanno inventato gli anglosassoni ed è un apparato che si fonda sulla presunzione della verità. La sua derivazione più classica è quella che tutti abbiamo sperimentando atterrando in un aeroporto americano, quando tra le altre cose all’immigrazione ti chiedono se sei un terrorista. Basta rispondere che non lo sei per essere creduto. Non è ingenuità la loro, è fiducia che costa. Perché dichiarare il falso è un reato più grave del reato stesso.

Ma il “sistema d’onore” è prima di tutto un metodo che garantisce la libertà dalla sorveglianza abituale: funziona in alcune parti del mondo civile nei confronti degli studenti o dei carcerati, con la presunzione che coloro che sono liberati dal controllo saranno vincolati dal loro onore a osservare le norme, e pertanto non abuseranno della fiducia ricevuta. Una persona impegnata in un sistema d'onore ha almeno tre forti motivazioni a non infrangerlo: il timore della vergogna della comunità, la perdita di status e di un senso personale di integrità e di orgoglio.

Qualunque investimento sulla responsabilità altrui, anche meno estremo di questi, ha però bisogno di consapevolezza. E di una capacità morale diffusa. Ragionevoli e sinceri in gran parte si nasce grazie a quello che ti hanno insegnato, ma si può anche diventare. Dipende dal fatto di essere correttamente informati delle cose, capirle, essere educati al senso e al funzionamento di una comunità da parte della comunità stessa. Per questo non siamo ancora arrivati a quel punto, e probabilmente non ci arriveremo mai. Ma è bello sperare che non sia solo un altro sogno. E che lunedì, uscendo di casa, qualcuno se ne ricordi.

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