martedì 31 marzo 2020

Parole in libertà, in giorni senza libertà: chiusi per virus, non possiamo fare. Ma possiamo continuare a pensare…

Giorno 20

Per forza e per necessità più che per scelta, ma abbiamo imparato, anzi stiamo imparando. Molti giovani hanno ritrovato una casa che prima abitavano poco, e forse alcuni genitori hanno capito veramente cosa vuol dire avere dei figli. Ma agli anziani cosa resterà di questi giorni chiusi? Cosa ricorderanno?

Il sollievo di aver visto passare la tempesta, probabilmente. Ma non senza l’amarezza di aver contato quelli della loro età che non ce l’hanno fatta. Perché non sono solo uomini e donne quelli che se ne sono andati, sono rughe piene, le stesse che portano anche loro. Sono storie che hanno vissuto, vite parallele impossibili da non confrontare. Agli anziani resterà una tacca in più da incidere sul fucile, un’altra curva superata, ma con il rammarico per molti di loro di aver sperimentato il vero senso della solitudine. Quella che asciuga dentro e contro la quale non esiste un disinfettante adatto.

Immagino che la malinconia imposta dal confinamento, per chi vive solo sia più forte della paura di ammalarsi. E che non poter stringere ogni giorno un figlio o un nipote, sia molto più di un diritto negato. Perché abbracciarsi è un istinto naturale, ma i maschi adulti lo fanno come orsi, e le femmine con pudore: i vecchi no, per loro un abbraccio negato è un calorifero che si è spento.

Josè Saramago ha scritto che “la solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi…”. Belle parole, ma la vita non è solo guardarsi dentro: senza un fuori, la vista si abbassa, bastarsi è la virtù di chi si accontenta. E in questi giorni, di "fuori" c’è appena ciò che si vede dalla finestra: troppo poco per chi ha solo quello e nessuno a cui raccontarlo in faccia. Per questo, lo confesso, ora esco: sull’autodichiarazione scriverò che lo spostamento è determinato da assoluta urgenza, quella di un abbraccio da dare a chi adesso ne ha più bisogno di me.

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