sabato 6 luglio 2013
Un paese senz'anima: ecco come appare oggi quella che continuiamo a chiamare l'Europa unita. Se non lavoriamo con determinazione ad affrontare il problema di un'unità politica sempre più necessaria ed inevitabile, il nostro esistere di vecchi popoli sarà sempre più debole, meno necessario all'avvenire del mondo. Se continueremo a scivolare verso un'unione costruita su contratti economici sostenuti da un'altalena di possibilità, governata da chi detiene al momento più denaro, distruggeremo noi stessi con una guerra non di cannoni, ma di armi del potere economico. Le delusioni e le difficoltà hanno già resuscitato nostalgia per la dracma in Grecia, per la lira in Italia. Non si tratta d'amore di patria, ma della paura e della sfiducia di affrontare assieme difficoltà che sono e potrebbero in un altro tempo essere di altri Paesi della comunità. Alla base c'è anche la scarsa comunicabilità da parte dei deputati europei al popolo, che a suo tempo li ha indicati come suoi portatori di idee e necessità nazionali. Il Parlamento europeo usato quasi come panacea per chi non ha trovato una rappresentanza in quello nazionale: questa è l'impressione dell'uomo della strada che ha, come via di conoscenza del proprio futuro, solo qualche articolo della stampa non facile da comprendere per chi non è del mestiere o qualche rara trasmissione televisiva, di solito ad ore difficili da seguire per chi ha famiglia. Come pretendere allora di chiedere ai giovani interesse ad intraprendere la nuova strada dell'Unione politica europea, se non c'è un incentivo a seguirla? Come fare in modo che non sia vista solo come carriera possibile, ma far capire ai nostri figli che possono essere attori di una via di grande respiro, di un eroico cammino, di una nuova strada dell'umanità? Lavorare per l'unità è in ogni campo un grande passo che ci viene chiesto fin dalla nascita del mondo. Passo al quale tutti siamo chiamati, dal piccolo posto della nostra casa all'immenso oceano del cielo dove cerchiamo ogni giorno luce, calore e pace. Le fondazioni, i gruppi culturali, le associazioni dovrebbero istruire scuole di formazione politica non a seguito di un solo partito o idea politica del momento, ma in quanto fautori di una nuova stagione di interesse per il bene pubblico. Un giorno, quando ero ancora molto giovane, venni accompagnata a conoscere le varie sezioni della Dc del Lazio, per vedere se potevo essere presentata come deputato alle prossime elezioni. Ma qualcuno, mentre mi lamentavo di una situazione non chiara, mi rispose: «Ma la politica è una cosa sporca». Scesi dalla macchina e la mia carriera finì quel giorno. Avevo vissuto accanto a un uomo che aveva fatto delle sua vita politica una missione mettendo sempre avanti il bene degli altri al proprio, la comprensione alla lotta, l'onestà al denaro, e aveva scelto la rettitudine della propria coscienza anche quando portava intima sofferenza. E tutto mantenendo coraggio, entusiasmo e fiducia nella vita.
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