martedì 28 giugno 2016
Le autorità le hanno ritirato il permesso di corrispondente per il Niger. Lei è Nathalie Prévost, che ha operato per molti anni nel Paese in ambito umanitario e nella formazione di altri giornalisti. Sono due le cose sacre del Niger e dunque da non criticare. L'islam. E le Forze armate. Il collante tra le due è la politica che, per affinità è sacralizzata. D'altra parte, i giornalisti senza frontiere hanno notato la deriva nell'ultima classifica pubblicata sulla libertà di stampa. Il Niger ha perso qualche posto rispetto all'anno scorso. Si trova al numero 52 e comunque avanti rispetto all'Italia, che il rapporto pone al posto 77, perdendo 4 caselle rispetto alla classifica precedente. A quanto si sa, con la discrezione del caso, ci sono in Italia da 30 a 50 giornalisti sottoposti alla protezione della polizia per aver ricevuto minacce e intimidazioni. Queste ultime sono anch'esse senza frontiere. A Niamey abbiamo arresti di oppositori, di giornalisti, di membri della società civile, di sospetti Boko Haram. E abbiamo il ritiro dell'accreditamento per Nathalie, corrispondente di Tv5 Monde.Già durante le elezioni tropicalizzate di qualche mese fa, lei si era permessa di insinuare la verità dei fatti. Poi la goccia che ha fatto traboccare il vaso sono stati i giudizi sulle forze amate nigerine. Si tratta delle sue denunce sulle ultime vicende di Boko Haram nel sud-est del Niger e su ciò che accade davvero sul posto. Le decine di militari uccisi, le (forse) centinaia di civili morti, le migliaia di sfollati e le controverità del potere avrebbero dovuto essere coperte dall'eroismo dei morti. Invece è la viltà dei vivi e dei politici che si evidenzia in questa regione dimenticata, nella quale uno stato di urgenza limitato diventa calamità permanente per i residenti. Non toccate le Forze di sicurezza, perché di esse il potere si sostiene per giustificare l'eccezione ormai diventata regola. Le guerre nutrono le guerre e terminarle è per alcuni una sconfitta. Fabbricanti di armi, generali e finanziatori di eserciti regionali sono per le guerre senza fine. D'altra parte, giusto un anno fa, l'attuale presidente aveva dichiarato che il Niger sarebbe stata la tomba di Boko Haram. Si era sbagliato.Eppure il Rinascimento nigerino era nato sotto la buona stella del petrolio appena spillato dal deserto. I cinesi, i francesi, gli americani e l'Unione Europea non aspettavano altro. Mettersi al capezzale del Niger, garanzia di stabilità geopolitica nel voluto marasma regionale. Il caos in Libia, Mali, Nord Nigeria e soprattutto nel Sahel, area commerciale di provata efficacia. La cocaina delle armi che si traveste in sigarette per commerciare migranti e frontiere all'ingrosso. Un Rinascimento che passa inosservato in un Paese dove le nascite non mancano e si attestano a sette figli per donna attiva, che si suppone consenziente. Le derive sono apparse subito dopo, e allora il Rinascimento si è ridotto al far ri-nascere e prosperare la mendicanza di sempre. C'è sempre la possibilità di un Ri-sorgimento e allora saranno i poveri a contare. Sarebbe questa l'unica "cosa" sacra che un Paese democratico dovrebbe "rinascimentare".Invece, hanno arrestato anche Abdul, uomo della società civile reo di denunciare sui media l'incapacità delle Forze armate di affrontare Boko Haram. Continua la prigionia un esponente dell'opposizione che, seppur detenuto durante la campagna elettorale, è stato eletto deputato. Si trova in carcere dal 14 novembre dell'anno scorso. I poveri, in carcere, ci sono da sempre. Sono loro l'unico approdo possibile del Niger.Niamey, giugno 2016
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