giovedì 13 marzo 2003
La memoria come il tempo: corre via, finisce e ciascuno ne fa l'uso che vuole. Ieri su «Repubblica» esempio triplo. Paginone di «Cultura» con due articoli in «memoria» di Mario Pannunzio: Eugenio Scalfari lucido e preciso, Marco Pannella enfatico e retorico. Memoria: ottimo uso. Per caso, stessa «Repubblica» (p. 53), Sebastiano Messina critica un'intervista Tv di Giovanni Minoli a Enzo Carra, sugli anni di Tangentopoli, rimproverando la dimenticanza dell'eroe, Antonio Di Pietro. Strano rimprovero! Memoria: uso parziale e discutibile. Ancora per caso, stessa «Repubblica», persino stesso paginone «Cultura» di cui sopra, nel suo «Lapsus» Stefano Bartezzaghi gioca col verbo demonizzare, e scrive che «demonizzare l'avversario» è un «topos moderno» che - ecco il punto - «risale quantomeno alla campagna elettorale del 1948, quando era chiaro che Dio e le gerarchie celesti avrebbero votato Dc, contro le Malebolge del Fronte Popolare». Uso pessimo di memoria. Sa, Messina, che nel 1948 Fronte Popolare voleva dire Stalin e Urss? E che Togliatti, quando morì Stalin, apparve non molto addolorato, scandalizzando persino il giovane Alessandro Curzi («Liberazione», Speciale suppl. «Stalin Mai più», 5/3, p. XII)? «Demonizzato», quel Fronte Popolare nel 1948? Da angelizzare? Mai letto, Bartezzaghi, un certo Putin, ex Kgb, che racconta di 20mila pope ortodossi annegati in una sola notte nelle acque del Don per ordine di Lenin? Sa che motto di quel Fronte Popolare era «fare come in Russia»? Non sa, ma ci scherza su. Brutto «lapsus». Perlomeno di memoria. Fosforo!
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