venerdì 3 dicembre 2004
Lupus irriverente: mi spiace. Ma che Malpelo sarei se facessi le riverenze? Allora oggi - anche se ieri già ha avuto risposta su "Avvenire" - eccoci al "Cyrano" del pensiero nostrano, quello che "sul finir della contesa, tocca"" Mercoledì, "Corsera", prima pagina, Emanuele Severino: "L'embrione e il paradosso di Aristotele". Da tempo sulle cellule staminali embrionali si incrociano dialoghi e diverbi come fioretti e spade, frecce e pugnali. Ed ecco che una goccia svizzera fa traboccare il vaso del nostro Cyrano, che sul "Corsera" perciò "tocca", e chiude il duello per tutti con l'"argomento decisivo": la teoria aristotelica dell'atto e della potenza. Una colonna in prima e 4 a p. 35. L'embrione - scrive solenne - è sì un essere umano, ma "in potenza", non "in atto"; questo è pacifico per tutti, sia che dicano che è "già" uomo, sia che lo neghino. E allora? Allora il tocco: una "cosa in potenza" può diventarlo in atto, ma può anche non diventarlo, ed è corretto concludere che l'embrione può essere un uomo, ma può anche non esserlo. E il dado è tratto: se può anche non essere un uomo, "non è un essere uomo". L'embrione per definizione "non contiene" l'uomo e perciò "non si può dire che sopprimendo l'embrione si uccide l'uomo". È tutto. Che dire? Che siamo alle solite. Certi scritti da gran prestigiatore di parole, trapezista del cervello, contorsionista dei sillogismi, fanno venire in mente due cose: la famosa definizione fantozziana della corazzata Potemkin, e poi quel filosofo greco che sosteneva che il lontano Achille non avrebbe mai raggiunto la tartaruga che era lì, ai suoi piedi. Passò Achille come il vento, e la tartaruga restò lì, a tener compagnia al Cyrano della filosofia"
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