martedì 21 febbraio 2017
La plasticità della fede che il Vangelo ci offre è paradossale, poiché sono i malati, i poveri, i peccatori… sono gli emarginati i grandi modelli della relazione con Gesù. Essi testimoniano in modo ardentemente concreto, non di rado con una grammatica dolente, quello che deve essere l'atteggiamento fondamentale e che passa soprattutto di qui: riconoscere che la relazione con Gesù è assolutamente decisiva; è una scommessa in cui si gioca tutto e tutto si perde; è una sequela in cui ci buttiamo con quello che siamo, con l'integralità del nostro destino. Il punto di partenza della fede dentro di noi, dunque, non è una manifestazione di forza bensì la radicale esposizione della nostra fragilità. Siamo chiamati a ricevere la parola della fede nell'orizzonte vero ed estremo della nostra condizione umana - fede che non è un dispositivo teorico e ideologico, né una serie di convenzioni rituali. Ci vediamo noi come effettivamente toccati da Gesù, alla stregua del cieco o del lebbroso dei racconti evangelici? Che cosa seguiamo, quando seguiamo Gesù? La nostra vita è chiamata a fare una cosa sola con colui che per noi è l'ancora, la fiamma, la stella. Ogni giorno siamo viandanti e pellegrini. Gesù è la mappa nel nostro modo di vivere, nelle scelte più semplici o in quelle più decisive della vita. È Gesù che ci fornisce il criterio.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI