sabato 25 aprile 2009
Nella fotografia scattata fra gli archi della loggia, costruita sulle mura dei mercati di Traiano in mezzo alle imponenti rovine di Roma, sorrido nel mio abito da sposa, un po' meravigliata di avere attorno tutti quei giovani con la barba. Ce n'erano di tagliate a pizzo, di lunghe e apparentemente incolte e di appena accorciate ad accarezzare il viso. Sembrava che alcuni non fossero capaci di abbandonarle a favore di un taglio più moderno. Erano amici del mio giovane marito con il quale avevano combattuto nelle montagne del Piemonte la battaglia per la Resistenza. Sembrava quel giorno che le differenze di idee si fossero spente davanti a quella festa. Non avevano forse chiesto di intervenire alla cerimonia il comunista Umberto Terracini, presidente dell'Assemblea, il capo dello Stato De Nicola, di idee monarchiche, assieme a una schiera di giovani democristiani e di partigiani che avevano coperto le antiche mura con una pioggia di garofani bianchi? Fu una pausa e forse un'illusione perché le differenze incominciarono a farsi sentire soprattutto di fronte al ricordo ancora sanguinante di una guerra civile appena finita. Forse molte e diverse erano state le situazioni che avevano spinto i partigiani a mettere in gioco la propria vita. La maggior parte di loro non aveva ancora un'idea politica né un ideale preciso perché vissuti in un periodo di poca libertà di scelta. Il ripararsi dall'esser complici innocenti dell'orrore di un potere nazista che non dava segno di terminare, ma che ancora chiedeva sangue per far tacere le speranze di libertà, fu certo l'occasione che condusse i giovani sulle strade delle montagne. Il freddo, la fame, la solitudine, la difficoltà di procurarsi armi per la propria difesa e la paura di quelli interventi dell'avversario che avevano il terribile nome di rastrellamenti, quasi si trattasse di ripulire un luogo e non di creare nuove vittime, non fecero recedere questi giovani dal loro intento di difendere una libertà che, in altre parti d'Italia, stava lentamente nascendo. Aiutateci, aiutateci, diceva De Gasperi in un discorso ai partigiani, dopo la liberazione. Voi che nella vostra esperienza di combattenti e volontari dopo una guerra spaventosa e finita così male, dopo la guerra civile a cui avete dovuto prender parte, aiutateci: vogliamo mettere l'Italia in piedi innanzi a tutte le nazioni. «Aiutateci a superare lo spirito funesto delle discordie. Si devono lasciar cadere i risentimenti e l'odio; si deve perdonare».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: