mercoledì 9 gennaio 2019
Gratitudine verso Fabio Pedone che presenta al pubblico italiano il capolavoro di David Jones, Tra parentesi, nei mondadoriani Oscar Moderni, con la singolare copertina tagliata nell'angolo superiore destro (pagine XXVI+226, euro 13,00). David Jones (1895-1974) condivide con Saint-John Perse la fama di essere «poeta per poeti», cioè di essere noto a un'élite di colleghi e non al grande pubblico, neppure al «piccolo pubblico» dei lettori poesia. Tra parentesi è un poema, in prosa apparente, sull'esperienza dell'autore nei primi mesi della Grande guerra 1915-18, sul fronte francese. T. S. Eliot lo fece pubblicare nel 1937 da Faber & Faber premettendogli una breve ed entusiastica prefazione, che Pedone riproduce, in cui, fra l'altro, si legge: «L'opera di David Jones ha qualche affinità con quella di Joyce, di Pound e mia, se quattro uomini nati tra il 1882 e il 1895 possono essere considerati della stessa generazione letteraria. David Jones è il più giovane e il più lento a pubblicare. Le vite di tutti noi sono state cambiate da quella Guerra, ma David Jones è l'unico ad avervi combattuto». Il titolo è spiegato dall'autore stesso: «Sotto le armi [mi] è sembrato di essere all'interno di una grande parentesi della Storia, in un interregno sanguinoso – di più: che questa stessa vita mortale [mi] appare come una parentesi». Jones aveva esordito come pittore e illustratore. Tra parentesi, apprezzato anche da Yeats, Auden, Dylan Thomas, fu seguita da The Anathema (1952), opera «parimenti notevole» (Eliot). Nel 1921 si era convertito al cattolicesimo e nel 1971 fu tra i firmatari dell'appello a Paolo VI per la conservazione della Messa in latino, in buona compagnia di intellettuali e artisti come, fra gli altri, Agatha Christie, Kenneth Clark, Robert Graves, Graham Greene, Cecil Day Lewis, Yehudi Menuhin, Malcolm Muggeridge, Iris Murdoch, Joan Sutherland, Philip Toynbee. Nel suo poema, David Jones descrive implacabilmente le marce dei soldati, la paura, la solidarietà cameratesca, lo sgomento del sangue, il fango, gli spari, le ferite e l'ombra di morte inseparabile dalla guerra: «La melma liquida è gelidamente fastidiosa, ti circonda le cosce; e il caporale Quilter finisce steso a terra in tutta la sua lunghezza; due di loro lo aiutano a rialzarsi, il suo fucile come un cimelio recuperato da un letto di fiume – e questa oscura armeggiante assistenza porta l'intera fila a una paralisi – loro urlano con voce roca, ché ci si muova; per muoversi una buona volta, e ora in modo assurdo – più piano davanti, andate più piano davanti». Nessun altro poeta, prima e dopo David Jones, ha saputo esprimere in parole definitive, mescolando miti celtici e intuizioni estetiche maritainiane, l'orrore, la cruenta stupidità della guerra, validando l'immortale strofa di Ezra Pound in Hugh Selwyn Mauberly, che Eugenio Montale traduceva così: «Ne è morto una miriade, / E dei meglio, fra tutti gli altri, / Per una scanfarda spremuta, / Per una civiltà scassata, // Fascino, fresche bocche sorridenti, / Veloci sguardi ora sotto le ciglia della terra, // Tutto per due palate di statue in pezzi / E per qualche migliaio di libri squinternati».
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