sabato 26 luglio 2014
Ero fuggita dalla città, dai suoi rumori, dalla gente fino a trovare la vecchia casa di montagna coronata da boschi alti e scuri che non lasciano vedere il mondo che vive attorno. Come il cane che cura le sue ferite fermo nella sua cuccia, come il gatto che cerca il suo cestino quando sta male, come gli animali del bosco che trovano rifugio nella propria tana, così ho cercato anche io un posto per piangere piano, in silenzio, una lacrima alla volta. E mentre guardavo le carte e i libri di questo mio figlio perduto mi è rimasta tra le mani questa poesia che avevo letto tanti anni fa e che dice presso a poco così: «Regala ciò che non hai. Occupati dei problemi del tuo prossimo. Prenditi a cuore gli affanni di chi ti sta vicino. Regala agli altri la luce che non hai, la forza che non possiedi... illuminali del tuo buio, arricchiscili della tua povertà. Regala un sorriso quando hai voglia di piangere... ti accorgerai che la gioia a poco a poco entrerà in te, diventerà tua nella misura in cui l'avrai regalata agli altri». Guardarsi attorno è la cosa più difficile perché richiede equilibrio, tranquillità d'animo, disponibilità a comprendere ciò che è diverso da noi, non gettare addosso agli altri l'oscurità che è in noi per trovare conforto, ma regalare la tua pietra preziosa anche se è l'unica che possiedi. Una pietra che può essere la tua capacità di amare. E strano questo concetto, questo verbo, questa parola amare, dai mille colori, dalle sfumature senza fine, dalla forza di un vento furioso dell'inverno, dalla dolcezza gioiosa dell'aria di primavera che sotto questa variopinta presenza possiamo dire che è l'autentica pasta adesiva che tiene insieme il mondo. Come altro potremmo chiamare oggi l'aiuto che il nostro popolo che vive lungo le coste del Mediterraneo apre le mani a chi viene dal mare esausto, infelice e povero? Come potremmo descrivere il sentimento di coloro che accolgono chi viene dai posti più remoti della terra e trasformano la carità in rapporti di incontro, di rispetto di culture diverse, di progetti di integrazione, di risposte istituzionali? È difficile accogliere, capire, formare in noi stessi una educazione interculturale, necessaria per il futuro di una nuova dimensione che il tempo ci costringerà ad affrontare e che già cresce sotto i nostri occhi. Cittadinanza, formazione, diritti e reciproco rispetto per una convivenza democratica vista come opportunità di crescita e di sviluppo civile. Dare valore alla persona affinché gli siano assicurati i diritti fondamentali di ogni essere umano. Per noi che vogliamo chiamarci cristiani tutto questo parte dall'amore verso quel prossimo che il mare accompagna sulle nostre spiagge.
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