domenica 25 febbraio 2018
Terra di antichi tempi, di miraggi, prodigi e miracoli, la Siria. Porta del Cielo, Damasco. Custode della Grande moschea santa – già basilica bizantina, sui resti di una chiesa di Teodosio –, così tanto venerata che, si racconta, neppure un solo ragno oserebbe tesservi la sua tela. I suoi tre minareti, dedicati a Mosè, Gesù e Maometto. E al suo interno, custodita sotto un baldacchino di velluti verdi, la reliquia, nascosta agli occhi dell'uomo, di quella che si dice essere la testa del Battista.
Ma la Esh-Sham degli arabi, Damasco, è anche la Porta della Kaaba, perché fu grande caravanserraglio di sosta dei pellegrinaggi carovanieri diretti alla Mecca. Città tanto antica da essere nominata nella Genesi e cantata nelle notti beduine quale "segno di bellezza della Terra". E poi c'è anche il paradiso della Ghouta.
Si racconta che Maometto non volle mai vedere l'oasi della Ghouta, incanto di palmizi e abbondanza di acqua alle porte dei deserti, perché temeva di perdere la sua parte di Paradiso, se avesse assaporato le gioie e i piaceri di questo luogo in cui la tradizione delle carovane bedù indicava l'Eden. Ma l'odierna metà orientale di Damasco, sul profilo periferico della vecchia città, oltre le mura del quartiere cristiano cattolico e ortodosso di Bab Tuma, dove avvenne la folgorante conversione di san Paolo, accanto al quartiere ebraico di Bab Charki, è oggi un inferno di pena e disgrazia, una cappa di morte avvolge quell'antico incanto che si specchiava nell'Eden in Terra,
Di pianto e morte, per una popolazione che le Nazioni Unite stimano in 400mila persone, prigioniere delle loro abitazioni ridotte a macerie, senza cibo né medicine. Dove si muovono le ultime sacche di milizie anti-regime. Al prossimo cadere della vicina primavera, la brutale tragedia siriana compirà sette anni e circa mezzo milioni di morti. E niente e nessuno sembra volere dare speranza allo sbocciare di un fiore di pace sui latrati dei cannoni.
La Ghouta orientale, rovine e ruderi di quartieri damasceni, dal 2013 è sottoposta ad un pesante assedio da parte del governo siriano, che da terra bombarda con l'artiglieria, dal cielo con i cacciabombardieri Mig. In questi giorni, come tentativo definitivo di schiacciare la resistenza sunnita rimasta ancora attiva, i generali di Bashar Assad hanno intensificato l'offensiva militare. Le notizie che riescono a filtrare dall'assedio, impossibile da verificare indipendentemente, perché quella terra d'inferno è chiusa per i giornalisti, parlano di centinaia di morti e migliaia di feriti. Soprattutto tra la popolazione civile. E tanti sarebbero i bambini. Si colpiscono le infrastrutture civili, gli ospedali, le scuole. Gli abitanti verrebbero usati come scudi umani, secondo quanto riferisce l'"Osservatorio siriano per i diritti umani", organizzazione non governativa anti-Assad, basata a Londra. Unica fonte a fornire e aggiornare i dati di questa guerra senza occhi né testimoni indipendenti sul terreno.
Per i viandanti degli antichi tempi, la Siria era la terra dei prodigi. Pellegrini e carovane tendevano uno sguardo timoroso verso il biblico monte Qasiyum, sopra Damasco. Fu qui, su quelle pendici rossastre come il sangue dei fratelli, che si consumò il delitto di Caino che uccise il fratello Abele. Ed è qui che è atteso il pronunciamento dell'Estremo giudizio.
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