martedì 1 maggio 2018
Vangelo di domenica: «La vite e i tralci» (Gv. 15, 1-14) e commento particolare: «Così Cristo introduce nel mondo una scintilla della divinità... Restate in me, e io in voi... Egli sottolinea più chiaramente la necessità di unirsi a lui... Il tralcio da sé non può produrre frutti... La storia dei popoli ci insegna la necessità dell'unione con Cristo... Ecco il grande abisso che separa la virtù cristiana dalle altre e sopra ognuna di esse la eleva». Firma a sorpresa! E con ricorrenza: ieri in prima del “Fatto” e ampio seguito p. 9 intera «Mr. Karl Marx: duecento di questi anni»! Due secoli dalla sua nascita, e così nel tema della sua maturità scolastica (1835). Insospettabile novità? Sì e no. Considerando tante cose venute dopo di lui in forza dei suoi pensieri, tragedie e ingiustizie drammatiche in mezzo mondo, non tutto è bianco, moltissimo rosso anche di sangue innocente, ma la realtà ci dice anche quanto quel messaggio presente nel Vangelo di domenica abbia segnato i secoli. E allora oggi certi residui di fallimenti storici e ideali deludono. Se su “Left” (27/4. p. 16) con titolaccio «Insegnanti di religione cattolica: sempre più ai posti di comando» leggi che qualcuno persino con «Appello al ministro» lamenta il fatto che i docenti di religione siano considerati come tutti gli altri, allora ti rendi conto dei ritardi di tanta gente, tra cervello e cuore. Capita spesso infatti che quella cattedra di religione sia la più apprezzata e più utile alla vita dei nostri ragazzi, con buona pace di rivoluzionari in ritardo patetico. A loro nel bicentenario della nascita di Karl Marx la dedica di queste righe d'Autore sulle due “sorgenti” del suo pensiero: «Il precetto cristiano dell'universale amore del prossimo e l'analisi delle condizioni del proletariato oppresso» (Cfr. K. Marx: “Sulla religione” (Ed. Sapere, Milano, 1971, p. 323). Due! La prima vale ancora.
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