mercoledì 3 luglio 2013
Tra i molti meriti della casa editrice milanese Iperborea, specializzata nella letteratura nordeuropea, c'è anche quello di averci fatto conoscere Stig Dagerman, autore di culto in Svezia, suicida a trentun anni nel 1954. Praticamente abbandonato dalla madre e quasi senza aver conosciuto il padre, Dagerman fu allevato affettuosamente dai nonni in una fattoria isolata. Nel 1940 il nonno fu ucciso da uno squilibrato e poco dopo morì anche la nonna. Stig per qualche tempo visse con il padre ritrovato, che lo introdusse negli ambienti dell'anarchismo. Si sposò nel 1943 con l'altrettanto giovanissima Annemarie Götze, da cui avrà due figli. Successivamente si legò all'attrice Anita Björk, da cui avrà una figlia. Il suo primo romanzo, Il serpente, gli diede subitanea fama che le successive opere alimentarono. Nemico sia del capitalismo, sia del marxismo, il suo anarchismo è soprattutto anelito di libertà, nutrito da una vigorosa coscienza morale. Più volte aveva tentato il suicidio: l'ultimo tentativo andò a segno, come detto, nel 1954, quando la depressione ebbe il sopravvento sullo scrittore, indeciso se ritornare alla prima famiglia e in difficoltà economiche.Iperborea aggiunge un nuovo libro di Dagerman ai quattro già pubblicati: si intitola Perché i bambini devono ubbidire? (pp. 96, euro 9) e si compone di sette brevi racconti e di sei poesie. Il curatore, Fulvio Ferrari, avverte che le poesie di Dagerman «rappresentano un vero e proprio letto di Procuste per il traduttore, costretto a mantenere l'andamento ritmico di filastrocca e il gioco delle rime senza sacrificare l'impatto raggelante del contenuto». Il risultato è inferiore all'impegno e alla bravura del traduttore.La capacità di Dagerman di concentrare tanto dolore in così poche pagine è stupefacente: protagonisti sono i bambini e le difficoltà dei genitori nell'educarli. C'è un suonatore di contrabbasso che riceve molte soddisfazioni dal suo strumento, ma gli nasce un bambino che strilla ogni volta che lo sente suonare. Il musicista cerca invano di suonare di soppiatto, e siccome il bambino deve comunque avere la precedenza, sfascia il contrabbasso. La domanda è: perché uccidere il contrabbasso? «Il dilemma dei genitori», scrive Dagerman, «non consiste nella scelta tra il contrabbasso e il bambino, ma nell'arte di trovare un equilibrio nella loro esistenza che consenta di non trascurare né l'uno né l'altro». Ma perché i bambini devono ubbidire? Perché tutti obbediamo a qualcuno. «Perfino la mamma deve ubbidire», dice Dagerman al bambino. «A chi? Be', per esempio a te. Tu dici: "Ho fame". Che significa: "Dammi da mangiare". E la mamma ti dà da mangiare. Ti ubbidisce. Così tutti si ubbidiscono a vicenda. Tu ubbidisci agli altri perché gli altri possano ubbidire a te».L'ultimo racconto, Uccidere un bambino, è di una tale disperazione che è straziante solo il ricordarlo. Un uomo e la sua donna, felici, si apprestano a partire con una macchina blu per una gita al mare. In un altro villaggio, anche una famigliola, papà, mamma, bambino, sta per andare in gita. Al momento della colazione, la mamma si accorge che non c'è zucchero e chiede al bambino di andare a chiederne ai vicini. Mentre attraversa la strada, al ritorno, il bambino viene investito dalla macchina blu. «Perché la vita è congegnata così spietatamente che un minuto prima di uccidere un bambino un uomo felice è ancora felice», e lo stesso è per i genitori che un attimo prima della morte del bambino aspettano sereni che il piccolo ritorni con lo zucchero. «Non è vero che il tempo guarisce tutte le ferite. Dopo è troppo tardi». Tardi per i genitori, per la donna che ha urlato accanto al guidatore al momento dell'impatto, e la vita «è così spietata con colui che ha ucciso un bambino che dopo è troppo tardi per qualsiasi cosa».
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