martedì 24 febbraio 2015
Era il mio primo viaggio, giovane universitario alla scoperta del mondo, meta la Grecia: sole mare vacanze e un po' di antichità liceali. Fu la Jugoslavia, in transito, a consegnarmi il dono inatteso. Varcai una frontiera; al di là un mondo altro, simile ma non lo stesso, ed altrettanto complesso, affascinante vasto e profondo da potermici perdere contento.Una città, una cattedrale; una porta socchiusa invitante per reminescenza di devozione d'infanzia e consapevolezza di studente d'arte che sa dove cercarla. Entrai, la penombra m'avvolse, si fece tremito, fulminea sensazione: era penombra ortodossa. Bagliori d'icone tra spirali d'incenso e lamelle di fiamme da steli di cera a mazzi in bacili di sabbia. Inchini in composta postura e segni di croce, destra sinistra; inchini e segni di croce a catena. Baci, lacrime, sorrisi, per una devozione corporale su solenne cadenza di antichi canti con sbocchi di rapsodia.Da Bisanzio la cristianità ortodossa, frazionata in popoli e paesi, autocefalia, risalì a nord allargandosi ad oriente fino all'Oceano e ad ovest sull'Adriatico.Da un avamposto sud, in circostanze avverse, ebbi sentore di un mondo esausto, considerato moribondo. Io sospesi il giudizio, cominciai ad ammirarlo: il mondo slavo, metà della cristianità, metà dell'Europa.
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