sabato 2 ottobre 2010
Pian dei giullari. Non è un Comune, non è neanche una frazione. È qualcosa di più di una strada. È una delle colline che guardano Firenze. Così uno scritto di Giovanni Spadolini, quando volle presentare la sua inimmaginabile raccolta di libri per i quali aveva fatto costruire una casa in cima alla collina della città. Oggi passando in quelle camere luminose per le grandi finestre che danno uno sfondo di serenità inaspettato a chi è abituato a consultare vecchi volumi in locali malamente illuminati dalla luce elettrica, si ha la sensazione di essere uno di famiglia che si ferma a leggere ciò che più gli interessa. Una casa nata per accogliere 40.000 volumi che hanno continuato a crescere sia negli anni della vita di Spadolini sia quando è divenuta luogo di raccolta di altre pregevoli collezioni ereditate da studiosi. Si passa quasi con il fiato sospeso a vedere la raccolta completa della Nuova Antologia, la Voce, la Rivoluzione Liberale, la Nuova Europa. E poi ecco Croce, Gobetti, Einaudi, Salvemini, Sforza, Vinciguerra, Missiroli. Impossibile farne un elenco su questa pagina, ma il solo ricordarne alcuni che fanno parte della nostra storia, accanto ad altri più vicini a noi, danno la dimensione della nostra modestia culturale di fronte alla capacità di lettura di un uomo che ha saputo mantenere viva, anche nel suo tempo dedicato alla politica, una così grande ricchezza del pensiero moderno. Poche sono le pareti libere dai libri e allora sono arricchite dalla pittura di Soffici, dai disegni di Morandi e in un angolo anche dal cavalletto da pittore di Guido, il padre di Spadolini.
Nel scendere dalla collina in mezzo ai cipressi, alle ville silenziose dipinte dai fiori dell'autunno, pensavo a quando ancora bambina accompagnavo mio padre alle bancarelle di piazza in Lucina, dove si vendevano vecchie edizioni, ed egli, impiegato alla Biblioteca Vaticana, doveva fare i conti con il desiderio di acquistare qualche libro e le poche lire del suo portafoglio. Passava da un rivenditore all'altro, alzando gli occhiali sulla fronte per leggere meglio e infine acquistava un volume dopo averlo sfogliato lentamente, come si accarezza qualcuno che si ama, e io che non conoscevo il valore del tempo, credevo commettesse un grave errore nello scegliere sempre quelli con la copertina un po' sgualcita. Ora riempiono le pareti delle mie stanze e mi tengono compagnia. Non sono molti, ma frutto di sacrifici, di rinunce, di scelte di vita, di dirittura morale, di tutto ciò che è descritto nella pubblicazione sostenuta dalla Fondazione De Gasperi e che oggi viene presentata in tre volumi, nella splendente sala dei Cinquecento a Palazzo Vecchio. Qualcuno ha anche ricordato quanto egli avesse amato lavorare in mezzo agli antichi palinsesti della Biblioteca Vaticana, tra i quali ebbe a descrivere in un discorso il De Republica di Cicerone con queste parole: «Mi ricordo con quale venerazione e rispetto l'aprivo perché sentivo che qui era l'unica politica che avrei potuto imparare... di lunga e storica prospettiva... Egli diceva che non vi è altra cosa in cui la virtù umana si appressi più alla divinità che il fondare nuovi Stati, nuove città, o reggere gli antichi. Voleva significare che non c'è altro compito più grave e di maggiore responsabilità che quello di occuparsi in posti direttivi della politica degli Stati».
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