venerdì 7 marzo 2008
Cent'anni di Inter. Da giornalista ne ho vissuti quarantotto. Quanto basta per averne conosciuto il meglio e il peggio. Del tempo mancante m'è stato illustratore Benito Lorenzi, detto "Veleno", all'Inter dal 1947 al '58 (138 gol in nerazzurro), che fino a poco più di un anno fa - è morto il 3 marzo del 2007 - mi faceva rare, inattese e precipitose telefonate che portavano avanti una ininterrotta protesta contro il sistema e in particolare la Juve, la "Nemica" giustamente individuata anche da Massimo Moratti come unica vera rivale nell'antico Derby d'Italia.
Il caratteraccio di Benito - peraltro dolcissimo nel suo assumersi la tutela quasi paterna del piccolo Sandro Mazzola, quando nel '49 morì Valentino - era bilanciato dalla serenità, talvolta amara, di Giacinto Facchetti, e dall'ironia sferzante di Peppino Prisco, gli unici veri miei amici interisti. Massimo Moratti, a ben pensarci, riassume in sé gli umori di quei grandi: la pacatezza di Giacinto, l'amabilità di Peppino, la rabbia di Benito.
L'erede del grande Angelo Moratti - che ho conosciuto e il cui fascino era pari soltanto a quello di Gianni Agnelli - si sta battendo da anni per il rilancio di un'immagine che procurò all'Inter il titolo di Beneamata. E tuttavia il meglio di sé, la squadra dei bauscia, l'ha dato da Odiamata, esprimendo potenza, vittorie e antipatia nei ruggenti anni Sessanta. Nel mio ricordo, il buonismo non le si addice: erano gelide anche le buone maniere del diplomatico Italo Allodi, e dovetti conoscerlo meglio, divenirne amico, prima di apprezzarne il calore. A ben vedere, nessuno ha rappresentato al meglio quell'Inter come il suo Mago, Helenio Herrera, che Moratti junior oggi definisce giustamente «unico, anche per le antipatie che suscitava».
Sbaglia solo, il presidente, a confrontarlo con Mourinho: il tecnico vincente e antipatico se lo sta crescendo in casa, è Roberto Mancini, che con HH non avrebbe lavorato più d'un giorno ma ne sta ricalcando lo stile. I successi, quelli glieli auguro di cuore. Con Helenio ho battagliato per anni, confesso senza soddisfazione perché retribuiva i giornalisti amici o nemici di scarsa attenzione. L'Inter aveva il suo carattere e finì per acquisirne i connotati più significativi: il Mago la spacciava per potenza demolitrice, così come di sé dava l'idea del conquistador, e in realtà portò in giro per il mondo il più elegante catenaccio alleviato dalla classe di Suarez, dalle magie di Mariolino Corso e dalla incontenibile rapidità offensiva di Mazzola.
Fu anche, Helenio, con l'Inter, il modernizzatore del mondo pallonaro e anche il primo tecnico globale, la cui personalità fece breccia nel portafoglio di Angelo Moratti trasformando il club in un centro di potere mecenatesco malamente imitato e i suoi colleghi allenatori da modesti artigiani a ricchi professionisti. L'omaggio al passato spero si proietti sul campo: buon compleanno con il Liverpool.
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