martedì 20 maggio 2014
Ripesco, per celebrare l'impresa di Antonio Conte, un titolo che dedicai a Fabio Capello il giorno in cui conquistò lo scudetto con la Roma: Cavaliere del Lavoro. Anche nell'ultima partita, quella del simbolico Centodue (punti finali) della Juve, è stato esaltato il lavoro di un allenatore e di un gruppo che hanno dato una lezione al calcio italiano, non tanto dal punto di vista tecnico quanto in un ambito che vorrei dire “sociale”, visti i tempi che corrono: la più alta espressione del gioco juventino, racchiusa nel fin abusato ricorso alla “Intensità”, sul piano pratico vuol dire un impegno lavorativo senza pause, senza intralci polemici, senza personalismi nocivi, un “tutti per uno e uno per tutti” che da più parti è stato giudicato anche esasperato, addirittura motivo di rinuncia ai metodi dell'allenatore da parte dei giocatori “sfruttati” senza pietà. La smentita è venuta dal campo: mentre la Roma - unica vera avversaria, peraltro distanziata di 17 punti - coglieva la terza sconfitta consecutiva, i bianconeri si battevano con la consueta gagliardia e concentrazione anche contro il modesto Cagliari: bastava un pareggio per fare Juvecento (titolo ottimo anche per il marketing) ma Conte come sempre ha voluto dippiù, un Centodue per la storia e per l'Europa. Già, l'Europa: se la Juve ha preso un bel 10 in pagella nel campionato, nelle Coppe ha meritato un 5, un'insufficienza forse ancor più vistosa visto che ha perduto prima la Champions, sbagliando le partite con il Copenhaghen e il Galatasaray, eppoi l'Europa League con un Benfica per nulla irresistibile. L'Atletico di Madrid e il Siviglia hanno spuntato l'arma dei perdenti, il Fatturato-Alibi inventato da De Laurentiis e Benitez e sbattuto in faccia proprio ad Agnelli e Conte. Una insufficienza va anche a tutti gli juventini - Conte compreso - che hanno lamentato l'assenza nella Juve “italiana” di campionissimi degni del torneo continentale: una clamorosa gaffe, visto quel che si è detto e scritto non solo in Italia di coraggiosi inimitabili guerrieri come Buffon, Pirlo, Vidal, Pogba, Llorente e Tevez, improvvisamente ridotti a soldatini, secondo invidiosa immagine creata da Antonio Cassano. Non commendevole - va precisato - anche il bisticcio finale fra Società e allenatore, risolto dai tifosi con uno slogan efficacissimo ma irritante l'Agnelli: Con-te. Ho già detto del Napoli (voto 6) che poteva competere per il primato e invece ha regalato punti (20) a tutte le piccole squadre del campionato per l'incapacità di Benitez di creare un assetto difensivo decente avendo a disposizione l'attacco più forte del torneo. Molto bella, invece, addirittura eccellente dal punto di vista tecnico, la performance della Roma (voto 9), ricostruita dal manager Sabatini al mercato e sul campo dall'ottimo tecnico Garcia (voto 9) con un equilibrio felicissimo fra i reparti: difesa, centrocampo e attacco hanno prodotto un gioco che sul piano estetico ha superato anche l'Intensità e la potenza juventina, rappresentando il miglior modello di calcio “italiano” dai tempi di Fabio Capello. Non seguendo la classifica ma il merito, tenendo conto del risultato ottenuto con i mezzi a disposizione, un voto alto va al Parma (8), al Torino, al Verona e al Sassuolo (7) che hanno onorato il campionato facendo brillare le stelle di Donadoni & Cassano (felice connubio di tecnica e fantasia), di Ventura & Immobile (l'esperienza del Vecchio Condottiero e l'esuberanza del Giovane Bomber punite dall'emotività della sciagurato Cerci), di Mandorlini e Toni (l'Inquieto e il Serenissimo). Menzione speciale per Di Francesco: la salvezza del Sassuolo (voto 9 all'italianità del gruppo), ottenuta nonostante il provvisorio licenziamento e i danni procurati da Malesani, vale uno scudetto. Avrebbe meritato un bel 7 anche Clarence Seedorf se non avesse esibito presunzione e imprudenza accettando la guida di una squadra (voto 5) e la dipendenza da una società (voto 4) che hanno ferito il grande Milan. Una larga sufficienza all'Atalanta (6,5) portata dal bravo Colantuono (6,5) a quota 50, il confine fra protagonisti positivi e negativi del torneo (la Lazio, a quota 56, ha vissuto la stagione nel limbo lotitiano: voto 5). Appena sufficienti la Fiorentina (un 6 e tante scuse per gli infortuni di Rossi e Gomez) e Quel Che Resta dell'Inter d'antan. Il resto della compagnia - che speriamo venga ridotta d'imperio per ottenere un campionato a 18 squadre - strappa un 10 per il fenomeno dell'Udinese Totò Di Natale e raccoglie voti bassissimi, fino al Bologna Anno Zero. Ma come si dice sotto le Due Torri «solo chi cade può risorgere».
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