sabato 5 aprile 2014
Si vorrebbe scrivere solo per chi sa comprendere. Si vorrebbe scrivere solo per chi può ricordare, ti accorgi infatti che racconti ciò che hai dentro e quindi che è già stato. E male è aprire libri di storia perché vedi che sotto forma diversa l'umanità si ripete. Anche la scienza scopre ciò che è stato. Resta solo il dolore che non puoi comprendere se non lo hai mai avuto, resta l'amore che non puoi sentire se non l'hai mai incontrato e allora cosa è più giusto dire: sento ciò che vedo o vedo ciò che sento? E perché devi raccontarlo ad altri e lasciarti leggere, come scoprire, quasi subire violenza. Eppure si deve lasciare su questa via di terra qualcosa di nostro che sia utile, come una nostra ombra, come il figlio del nostro spirito. È per questo bisogno di lasciare qualche cosa di noi stessi che si scrive, si dipinge, si compone musica, si parla alla gente, si scalano montagne, si entra nei mari. Avere un figlio è lasciare al mondo nuove opportunità poiché egli non sarà mai solo nostro, ma ogni anno che passa sarà sempre più di altri: della scuola, della strada, della curiosità e dell'avventura, di tutto quell'insieme di fatti, di presenze buone e cattive che è la vita. E tu credevi di aver costruito per te quel piccolo fagottino che piangeva e sorrideva a te sola quel mattino e non pensavi di aver lanciato fra il cielo e la terra qualcosa cui avevi regalato l'eternità.A questo pensavo l'altro giorno nel vedere i ragazzi della scuola Stefanelli, vestiti di molti colori, agitarsi sulle sedie incapaci di silenzio e noi di qua del tavolo in abiti scuri a raccontare, senza saperlo, la nostra vita. Perché questo diventa il lavoro di chi insegna, di chi parla al pubblico, di chi fa politica, di chi ha tessuto i propri anni nel lavoro comune, di chi fa impresa. È sempre scoprire se stessi e dare esempio anche quando si crede di vivere tra le nostre piccole cose come in un'ombra tranquilla. Quante volte lasciamo che passi il tempo come fossimo responsabili solo del breve cerchio di persone attorno a noi senza pensare che ogni gesto, ogni parola si diffonde come l'eco nell'aria, senza fine. Anni fa passando in una valle delle mie montagne mi fecero vedere da lontano un campanile di roccia, come spesso se ne trovano nelle Dolomiti, che si innalza da quota 2.150 metri, solo e isolato al centro di un'ampia conca contornato da piccoli pinnacoli. Era conosciuto solo da cacciatori e da pastori dalla Valle di Fassa, finché nel 1974 un maresciallo di polizia assieme ad un compagno lo conquistarono in una prima assoluta e gli diedero il nome di Alcide De Gasperi. È lontano e non facile da raggiungere, ho raccontato ai miei giovani scolari, ma quei pinnacoli che ha attorno siete voi che potete crescere e diventare la nuova roccia di cui abbiamo tanto bisogno.
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