sabato 16 dicembre 2017
Sulla “legge del biotestamento”, o meglio “thanatotestamento”, cioè “legge di morte”, per fatto anche personale. Avevo 16 anni e per 8 mesi sono stato in coma profondo, già considerato irreversibile dal primario del reparto Marchiafava del San Camillo, a Roma, che disse: «È meningite tubercolare presa in ritardo, e mi state portando un morto!». Hanno continuato a nutrirmi e dissetarmi e ad applicare le terapie, streptomicina e cortisone in dosi massicce con 240 punture lombari. Sarei morto per fame e per sete, non per meningite! Sono ancora qui. E allora? Allora temo che il sì di ieri in pratica sia anche un primo “sì” sulla strada dell'eutanasia. Ed è ipocrisia (“Libero”, ieri, p. 1) esultare per «un passo avanti nella libertà» e poi (p. 2) scrivere che «le dichiarazioni di Papa Bergoglio hanno acceso la miccia della politica»! Chi oggi dice che «è l'ora di arrivare all'eutanasia» non ha capito o mente sapendo di mentire. Nutrizione e idratazione non sono accanimento terapeutico, ma doveri verso ogni vita umana. E poi per qualcuno è comodo dare la colpa... al Papa: bersaglio fisso da anni e per interessi ben diversi purtroppo talora anche di certa “chiesa”, ma con la “c” minuscola. Per fortuna c'è chi reagisce. Ieri (“Corsera”, p. 31) così la signora Giana Petronio, vedova di Beniamino Andreatta, per 7 anni in coma profondo: «Non sono una integralista... Sono molto perplessa, invece, sull'introduzione di una legge per la sospensione delle cure quando la linea tra la vita e la morte è sottilissima». E c'è altro. Ancora ieri rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, medico e vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica: «... la sacralità della vita è un concetto irrinunciabile, e quindi l'ipotesi di sospensione di solidi e liquidi resta fortemente avversata: significherebbe far morire di fame e di sete una persona». Appunto: “Thanatotestamento”...
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