domenica 5 novembre 2006
Ieri "Cultura" su "Repubblica" (pp. 50/51): titolone su 5 colonne, grande foto a colori e tre strilletti riassuntivi per 340 righe di Luca e Francesco Cavalli Sforza. Titolone: "Dove sbaglia il Papa". In foto dipinto con Galileo davanti all'Inquisizione. Tre sommarietti: "Scienza e fede secondo Ratzinger. Un recente discorso del Pontefice potrebbe far tornare indietro la Chiesa di qualche secolo"; "Denigrare la tecnica sperimentale suona un po' come una seconda condanna di Galileo" ; "Non è accettabile la confusione tra ricerca scientifica e tecnologia". Un bel "muro" che respinge. Ma cosa? Questa sola frase di Benedetto XVI citata all'inizio: "Il contesto contemporaneo sembra dare il primato a un'intelligenza artificiale che diventa sempre più succube della tecnica sperimentale, e dimentica in questo modo che ogni scienza deve pur sempre salvaguardare l'uomo e promuovere la sua tensione verso il bene autentico". Tutto qui. Per i due autori questo è tornare a prima di Galileo? Sì, e anche rinnegare Giovanni Paolo II con le sue richieste di perdono dell'Anno Santo. Loro fanno dire a Benedetto XVI che non bisogna sperimentare, perché semplicemente "è la fede che giunge alla verità". Di qui la cascata di obiezioni. Che dire? Che Benedetto XVI non ha messo in guardia la scienza dalla sperimentazione, ma dal diventare "sempre più succube" di essa, dimenticando così di "salvaguardare l'uomo". O anche "sperimentare" come un Mengele ad Auschwitz è accettabile? Pare a Malpelo che i due Cavalli leggano il Papa "succubi" di un pregiudizio ostile. Uno"sforzo in più: per capire, e forse per capirsi!
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI