mercoledì 26 giugno 2013
«Essere cristiani è incompatibile con l'essere antisemiti». Così Papa Francesco a una delegazione del Comitato ebraico internazionale. Ovvio? Sì, se pensi che già Pio XI il 6 settembre 1938, quando le leggi razziali anticipavano la Shoah, affermò che «siamo tutti spiritualmente semiti». Ovvio se Giovanni Paolo II nel tempio di Roma proclamò gli ebrei «nostri fratelli maggiori». Una non notizia? Forse per molti, e ieri nessuna traccia nelle Rassegna Stampa di Camera e Ministero Interni, tra centinaia di segnalazioni. Per fortuna c'erano “Il Messaggero” (p. 12) a firma della collega Giansoldati, “Resto del Carlino” (p. 22), “Tempo” (p. 13) e altri. Sul “Fatto” però 3 righette a p. 10: «Francesco I ai fedeli: "Non si può essere antisemiti"». Lì sorprende quel «I», ma sorprendono soprattutto molti che tacciono la notizia, spesso proprio quelli che tre anni fa per mesi si sono buttati sulle “follie” antisemite e razziste di un vescovo scismatico, e magari nei giorni scorsi – pagine intere e titoli clamorosi – hanno cavalcato il presunto rovesciamento della memoria di Giovanni Palatucci, cattolico e vittima della Shoah, da difensore a delatore degli ebrei al servizio dei nazisti. La cronaca, talora elastica: si allunga, alza i toni, dice o non dice a seconda del vento che tira. E infatti qualcuno nel nuovo fuoco clamoroso su Palatucci ha visto una ripresa delle accuse – dal 1963 in poi, e allora pilotate da Mosca – a Pio XII come colpevole di imperdonabile e imperdonato silenzio in merito. Qui scritto più volte: nel merito preferisco uno dei miei primi ricordi d'infanzia. Giugno 1945, Roma appena liberata, piazza San Pietro piena di folla che ringraziava il Papa, difensore di tutti. C'erano molte "kippah" dei “fratelli maggiori”...
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