domenica 17 maggio 2020
Ho sempre provato un forte imbarazzo di fronte a chi mi chiede se credo in Dio. E ancora di più ne provo nei confronti di chi si professa ateo o agnostico. L'impressione che ho sempre avuto è che ciascuno si riferisca alle proprie esperienze con il mondo cattolico. Con l'oratorio. Con una figura particolare di un prete o di una suora. Con l'atteggiamento dei genitori nei confronti di una questione così radicale e spesso con un costrutto del tutto "fai da te" della domanda in sé scandalosa ed estrema ma trattata sempre più come notazione relativa a proprie vicende stigmatizzate e poi "impacchettate" semanticamente, per collocarle nel questionario del proprio ego in relazione con quello degli altri. Sussistono così milioni di rigagnoli di autonome concezioni dell'Entità suprema autogestita da un'umanità che tende sempre più a farne un fattore minimo di collocazione all'interno di una propria posizione più sociale che interiore. Diceva un cantante: «Quale Dio? Il tuo o il mio?». Personalmente cerco sempre di evitare la domanda, e quando mi viene posta personalmente, in modo diretto, rispondo con «E tu?». E quando sono in qualche modo costretto a rispondere dico «Credo nel Credo», sapendo così di esprimere ciò che mi caratterizza ma anche verificando se l'interlocutore sa o può collocarsi oltre l'aneddotica curiosità.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: