sabato 15 settembre 2012
​Da alcuni anni le Università dei paesi dell'Est mi invitano a parlare di De Gasperi e del suo tempo. A Varsavia hanno dato il nome di De Gasperi a una università nuova, a Timisoara, grande città della Romania, gli studenti dell'Università hanno raccolto molte delle pubblicazioni in lingua italiana sulla vita politica di mio padre messe a disposizione degli studiosi in una saletta apposita e si stanno traducendo in lingua rumena i discorsi sull'Europa. Nella imponente città degli studi di Budapest ho avuto l'ascolto di alcune centinaia di studenti preparati sulla storia del nostro dopoguerra e in questi giorni al convegno di Cracovia dovrò rispondere alla difficile domanda se è ancora valida l'idea d'Europa proposta da De Gasperi, Schumann e Adenauer. È l'esperienza del periodo più difficile della nostra democrazia, del ritorno alla libertà dopo una dittatura che interessa questa nuova generazione che vuole cambiare la propria vita. C'è ancora povertà in questi paesi mentre il loro ingresso nell'Unità Europea costa loro ancora fatica e difficoltà nel mondo dell'economia. Ma c'è studio, c'è interesse, c'è voglia di lavorare perché l'umanità è davvero strana: più siamo stretti dalle difficoltà più ci carichiamo di forza di volontà per uscirne, mentre le comodità che abbiamo raggiunto sembrano addormentare ogni nostra volontà. Si potrebbe dire oggi che questo periodo di ansia e di economia più povera, che tutta l'Europa è costretta ad affrontare, sia quasi una cura positiva per ridimensionare certe nostre superflue richieste e inutili spese. Ci insegna ancora il valore del risparmio e d'altra parte dà il coraggio a imprenditori vecchi e nuovi di affrontare con un rischio equilibrato nuove possibilità, differenti vie di lavoro. Questa situazione ci chiede di essere di nuovo giovani di fantasia e di fiducia in un futuro diverso e più consapevole. Il bisogno stimola l'intelligenza e dà valore al coraggio e al rischio. Ci hanno dato un grande esempio su questa strada gli incredibili atleti dei giochi paralimpici di Londra. Giovani che hanno voluto affrontare in pubblico le loro menomazioni fisiche con grande dignità e voglia di vincere dimostrando che al di là di ogni preparazione tecnica sono le virtù interiori che portano alla vittoria. Da questo punto di vista tutti hanno vinto, anche chi è arrivato per ultimo a questi incredibili giochi olimpici dove un pubblico, inaspettato e immenso, è stato emotivamente coinvolto anche sapendo mantenere un silenzio assoluto quando, nella corsa a piedi dei non vedenti e ipovedenti, comprese quando fosse importante per ognuno di loro sentire il lieve fruscio delle scarpette di chi era al loro fianco o li seguiva. I biglietti per gli stadi erano stati venduti e sponsorizzati rendendo quindi rispetto a questa umanità che ha trasformato le proprie diversità in un modello di dignità e di fede. Di fronte a tale esempio oggi il nostro lamentarci per le nuove strettezze imposte dalla situazione economica e politica prende un suono stridente e inopportuno.
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