mercoledì 12 agosto 2009
«Catasterismo»: tenere a mente questa parola, antitetica alla metamorfosi nel cui genere, peraltro, rientra. Catasterismo, cioè diventare stella, è una mutazione gloriosa, punto di passaggio tra una forma terrena che sta per perire e la fissità di un'altra che ruota maestosa ed eterna nello spazio celeste. La metamorfosi, invece, di cui Ovidio è l'insuperato cantore, è una trasformazione animalesca, che esprime l'incubo della crisi del corpo e dell'imbestiamento dell'uomo, mentre per gli dèi è un espediente temporaneo per fini solitamente poco edificanti. Apprendiamo queste e moltissime altre cose dalla Mitologia astrale di Igino, che Adelphi ha pubblicato per l'eruditissima cura di Gioachino Chiarini e Giulio Guidorizzi (pp. 206, euro 21), con incantevoli tavole che riproducono gli affreschi astronomici della Villa Farnese a Caprarola, e due Carte del Cielo all'epoca di Ipparco (I-II secolo a.C.). Di questo Igino poco si sa, anche perché l'esistenza di due autori quasi contemporanei con lo stesso nome non facilita la chiarezza. Siamo, comunque in epoca augustea, e il De astronomia di Igino è debitore dei Catasterismi di Arato, il grande poeta e astronomo greco del III sec. a. C., un verso del quale è citato anche da san Paolo nel discorso all'Areopago: «Di lui (di Dio), infatti, progenie siamo». Arato, a sua volta, è il volgarizzatore poetico dell'astronomo Eudosso di Cnido (427-347 a. C.). In pratica, Igino ha compilato un breve manuale in prosa in cui, accanto a preziose indicazioni astronomiche, fornisce la spiegazione dei nomi delle costellazioni, dato che di catasterismi si tratta. Fra l'altro, Igino non comincia la rassegna dei segni zodiacali dal Cancro, come in Arato, Ipparco, e Cicerone, ma dall'Ariete, secondo l'impostazione, tuttora vigente, di Nigidio Figulo, peraltro amico di Cicerone stesso. Tre sono le costellazioni più importanti per gli antichi: l'Orsa, Orione e il Toro (con le Iadi e le Pleiadi). I naviganti dell'antichità individuavano il Nord sull'Orsa Maggiore; fu Talete (640-547 a.C.), in base all'esperienza dei Fenici, a trasferire il Nord sulla Stella Polare. Per dare un esempio dei catasterismi di Igino (i miti spesso si intrecciano e si intralciano fra loro), ecco la spiegazione dello Scorpione: «Quando Orione cacciava, era talmente convinto della sua superiorità in questa attività che si vantò con Diana e Latona di poter uccidere qualunque creatura nata dalla Terra. Perciò la Terra indignata gli aizzò contro uno scorpione che lo uccise. Giove ammirò il coraggio di entrambi e collocò lo Scorpione fra le stelle perché la sua immagine ammonisse gli uomini a non avere troppa confidenza in sé stessi. Diana poi, che condivideva la passione di Orione, pregò Giove che esaudisse la sua richiesta facendole lo stesso favore che aveva fatto spontaneamente alla Terra. Così Orione fu collocato in maniera tale che tramonta quando lo Scorpione sorge». Quello di Igino è un trattato di astronomia, non di astrologia, anche se le nozioni astronomiche erano a quei tempi utilizzate soprattutto per oroscopi e divinazioni. Virgilio aveva preconizzato il catasterismo di Giulio Cesare nelle Bucoliche, e Svetonio racconta che Giulio Cesare «morì nel suo cinquantesimo sesto anno, e fu posto nel novero degli dèi». Nei ludi che Augusto gli consacrò, «per sette giorni continui splendette una cometa che sorgeva verso l'ora undecima, e fu creduta l'anima di Cesare accolta in cielo». Del resto, ancora Svetonio informa che Augusto «avesse il corpo chiazzato di macchie congenite sparse sul petto e sul ventre, nel numero e nell'ordine e nella disposizione delle stelle dell'Orsa Maggiore». E così anche astronomia e astrologia vanno a finire in politica.
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