mercoledì 23 luglio 2014
Per parlare di Masolino D'Amico è inevitabile partire dalla genealogia. L'illustre anglista (Roma, 1939) è figlio di Suso Cecchi D'Amico (1914-2010) l'imperatrice (regina è riduttivo) degli sceneggiatori italiani, verso la quale sono debitori tutti i grandi registi, da Visconti (Senso, Il Gattopardo, Ludwig...) ad Antonioni, Rosi, Comencini e, prima, Blasetti, De Sica, Camerini. Suso (Giovanna, all'anagrafe), a sua volta, era figlia di Emilio Cecchi (il temuto e riveritissimo critico che per il Nobel a Quasimodo esordì sul Corriere con il famoso fendente «A caval donato non si guarda in bocca»), e della pittrice Leonetta Pieraccini. Il padre di Masolino era Fedele D'Amico (1912-1990) sommo musicologo: sublimi anche letterariamente i suoi saggi sull'opera lirica e sul balletto, che l'editore Leo S. Olschki ha raccolto in due grossi volumi nel 2012. Padre di Fedele, e dunque nonno di Masolino, era il leggendario Silvio D'Amico (1887-1955), storico e critico del teatro, direttore dell'Accademia nazionale d'arte drammatica, che ha formato i più grandi attori italiani, e che oggi porta il suo nome. Dal canto suo, Masolino è stato marito di Benedetta Craveri, figlia dello storico Raimondo Craveri (tra i fondatori del Partito d'azione) e di Elena Croce, figlia del filosofo, dalla quale ha avuto due figlie, Margherita, giornalista e scrittrice, e Isabella.Insomma, Masolino D'Amico, cresciuto tra libri, musica e cinema, ha fatto una carriera autonoma di docente, critico teatrale, traduttore di classici e di contemporanei, e ora è in libreria con Il viaggiatore inglese (Skira, pagine 96, euro 13,00), romanzo controllatissimo che precipita (in senso chimico) la multiforme esperienza degli avi dell'autore.È un libro così smaliziato da permettersi di contenere anche la propria autocritica. In un volo da Londra a Los Angeles, un imbranato giovanotto che si reca all'appuntamento, procuratogli dalla fidanzata, con un grande scrittore americano per sottoporgli l'idea di un film sulla vita di Thomas Cook, viene a trovarsi in business class accanto a un corpulento gaudente che la sa lunga sul mondo del cinema americano. L'imbranato incomincia a raccontare al corpulento la storia del fondatore della prima compagnia di viaggi, a suo avviso irresistibile, ma che l'interlocutore considera poco cinematografica, se non addirittura noiosa. E qui sta l'abilità di Masolino D'Amico che assegna all'imbranato il racconto di una vicenda certamente interessante, ma statica, e attribuisce al corpulento la critica che il lettore starebbe per fare per conto proprio. Insomma, così com'è il libro reclama l'intervento di un drastico sceneggiatore.Tuttavia la vita di Thomas Cook (1808-1892) è davvero singolare. Di famiglia poverissima, fanatico della Lega della temperanza e fervente battista, gli venne l'idea di organizzare viaggi per distogliere la gente dall'abbrutimento dell'alcol e del fumo, inventando così il turismo moderno, in una multinazionale dell'altrove che il figlio John perfezionerà con quel po' di cinismo che mancava al visionario e pur efficientissimo padre.Un lettore un po' pedante come lo scrivente si appassiona alle descrizioni del milieu ottocentesco in cui l'agenzia Thomas Cook & Son costruì la sua fortuna, e si diverte anche alla lettura dei regolamenti della Compagnia che istruiva i clienti sull'abbigliamento per i viaggi in Egitto o in Terra Santa, con mille precauzioni igieniche e sanitarie. Ho letto Il viaggiatore inglese mentre attendevo in aeroporto il mio volo, e ho colto sulla maglietta di un ragazzo una scritta che ben sintetizza la filosofia di Cook veicolata da Masolino D'Amico: The world is a book and those who do not travel read only a page («Il mondo è un libro, e chi non viaggia ne legge solo una pagina». Il ragazzo non sapeva che il copyright è di sant'Agostino).
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